Fatichiamo a chiamarla guerra mondiale soltanto perché non è tra super potenze e grandi blocchi, ma è in atto un conflitto globale finalizzato all’accaparrarsi risorse naturali
Nel mondo globalizzato ci riguarda tutto, una variazione dei prezzi dei cereali in Oceania, un disastro ambientale in Amazzonia o, appunto, un conflitto regionale. Perché siamo sempre coinvolti, tutti: il mondo è una rete le cui maglie sono fatte di materie prime, denaro, informazioni e popoli agitati in movimento continuo. Poi succedono fatti scioccanti come l’assalto di Parigi e ci svegliamo di soprassalto.
La ridicola “Primavera araba”, tanto stupidamente osannata dai media manco fosse la Rivoluzione francese, la guerra in Libia e la guerra in Siria sono stati problemi nostri da subito, ben prima che fossimo investiti dai flussi migratori e da una nuova ventata di terrorismo 2.0. Eravamo legati al destino dei nordafricani e dei mediorientali da un sottile filo nero, nero come il petrolio o puzzolente come il gas non soltanto perché l’Italia è a un’ora di volo dalla Libia. Ormai so di dire un’ovvietà quando sottolineo il legame tra petrolio e ISIS (Daesh o chiamatelo come vi pare), tra petrolio e gas e guerre in Iraq e Afghanistan, tra diamanti e guerra civile in Liberia, coltan e guerra civile nella Rep. Democratica del Congo, Sierra Leone e Liberia, tra petrolio e Boko haram in Nigeria, tra bauxite e uranio contesi e le fazioni in guerra in Mali o tra le banane e la situazione inumana del Corno d’Africa… Banalità. Si tratta di guerre per le risorse, indotte dalla domanda occidentale e dei paesi ex emergenti prima di tutto. Molto del legno dei nostri parquet, della benzina dei nostri motori, dei diamanti dei nostri gioielli è stato pagato con bustarelle, munizioni e armi. E’ il non voler cambiare modo di concepire l’energia, il consumo e il benessere che ha creato questo inizio di XXI secolo. Se dico che Isis e riscaldamento globale sono le due facce di un’unica sozza medaglia so di poterlo dire senza paura di esser presa per visionaria: sempre di petrolio e sovrasfruttamento delle risorse si parla.
E’ stata la fame globale di risorse ad armare le fazioni tribali o religiose in guerra. Il petrolio alimenta i sunniti in Arabia Saudita, Emirati arabi, Qatar e, perché no, mettiamoci pure la Turchia che di giorno si dichiarano filoccidentali e di notte passano armi all’ISIS e proteggono le vie del petrolio di contrabbando nella loro lotta eterna contro gli sciiti. In Congo le armi (come, ad esempio, carabina di precisione e tante altre) del Nord del pianeta alimentano la guerra locale in cambio di risorse naturali e via dicendo. Se vogliamo andare a cercareil danno globale originario, il peccato originale globale diciamo così, è il neocolonialismo. Quando negli anni ’50 e ’60 nella maggior parte del mondo inglesi, francesi e portoghesi hanno abbandonato le loro colonie lo hanno fatto per finta. Anzi, liberi dal doverne mantere società e infrastrutture, si sono trovati a fare semplici affari con i signori della guerra o le oligarchie tribali di turno ottenendo conancora meno sforzo materie prime preziosissime in cambio di appoggi e prestiti, se non di protezione militare diretta che si sono tramutati nel famoso “debito dei paesi poveri”. Pensateci un attimo: nel gioco delle zone di influenza degli anni ‘80 non siamo stati noi stessi a creare mostri come gli Idi Amin, i Saddam Hussein e gli Osama Bin laden? Certo che sì! Ma tutti questi “geni del male” sono diventati mostri solo quando hanno morso la mano che ne reggeva il guinzaglio. All’Occidente e all’Oriente cino-russo i conflitti regionali non dispiacciono affatto perché è più facile ottenere risorse in questo modo: divide et impera dicevano i latini. Siamo sinceri con noi stessi: quando piangiamo per i morti in Francia non stiamo facendo altro che piangere sui nostri peccati. Dobbiamo sentirci in colpa come cittadini? Dobbiamo allora forse porgere l’altra guancia? No, assolutamente no. Non dico questo. Anzi siamo proprio noi che dobbiamo estirpare il male che abbiamo generato, un po’ come Frankenstein che si trova a combattere con il mostro che ha creato. Ecco l’ISIS è questo, è un mostro che nasce direttamente dal crogiolo delle nostre colpe e con cui ora dobbiamo regolare la faccenda. L’Isis nasce dalla nostra fame di petrolio.
Abbiamo un vocabolario ricco di termini che ci permettono di aggirare il termine “guerra”: conflitto locale, conflitto regionale, terrorismo, peace-keeping e peace-restoring… Tutto pur di non usare quella parola maledetta che spaventa gli occidentali più di tutti gli altri e che per questo, dalle nostre parti, non viene utilizzata se non in casi eccezionali.
Ma se pensiamo che tra una guerra ufficiale e l’altra, tra il Kosovo e l’Afghanistan e l’Iraq 2 ci sia stata pace ci sbagliamo di grosso. Tra una guerra e l’altra c’è stata sempre e comunque guerra perché non è che se un conflitto non ci vede coinvolti direttamente con le nostre truppe non significa che non ci riguardi.
La domanda che dobbiamo farci non è quanto durerà questa guerra, perché dura da sempre e ce ne accorgiamo soltanto ora. La domanda più precisa da porci è: quando la questione con il Califfato sarà risolta commetteremo l’errore di sempre cercando di controllare interi popoli dando poco per avere tanto in cambio? Personalmente temo di sì e che sarà così per molto tempo. Dalla guerra in Afghanistan degli anni ’80 sono sorti i talebani prima e Al Qaeda poi, dalla guerra in Iraq degli anni ‘90 e dei primi 2000 è nato ISIS, chi saranno i prossimi? L’unica cosa che possiamo fare è mantenere il sangue freddo, capire che la religione e la cultura in tutto questo delirio ci entrano il giusto se non niente, che i fanatici sono solo quei mentecatti dal cervello morbido che si fanno saltare in aria ma che chi li governa ha le idee ben chiare. Dobbiamo capire che la benzina che fa andare il motore della nostra auto è un motivo più che sufficiente per uccidere e devastare. E dobbiamo ammetterlo anche a noi stessi quando, una notte, incollati alla tele osservando con gli occhi lucidi 130 persone che muoiono mentre si godono il weekend appena cominciato, ci accorgiamo di essere in guerra.
2 Comments
Daniele Giordano
3 Dicembre 2015 at 18:36Complimenti: analisi sintetica ma ineccepibile. Umilmente, mi permetto soltanto di aggiungere che oltre alle fonti energetiche che fanno gola ai così detti paesi tecnologicamente evoluti, un’altra causa di guerre, già attualmente ma sempre di più in futuro, è l’ approvvigionamento d’acqua potabile. Purtroppo finora l’umanità si è sviluppata applicando la logica a breve termine della sopraffazione, rifiutando di guardare oltre il prorpio naso: ormai siamo 7 miliardi di individui in un pianeta che quarant’anni fa non aveva sufficienti risorse per la metà delle persone !!! Dovremmo inculcarci nel cervello che l’unico modo di sopravvivere è collaborare tutti. Purtroppo la situazione economico-politica globale è veramente sconsolante. Le uniche speranze ci vengono sporadicamente dalle rubbriche scientifiche. Occorrerebe divulgare di più notizie positive quali per esempio quella della torre che estrae acqua dall’atmosfera: installata in una zona aridissima dell’ eritrea,(mi pare) riesce ad estrarre 600 Litri d’ acqua al giorno ! Ed è realizzata con materiali semplici e poche ore di lavoro, avendo quindi costi contenuti e rappresenta quindi una vera speranza per molti Paesi dell’ Africa. E l’ha realizzata un architetto italiano !!! Così come alcuni ex-colleghi di mia sorella ora in pensione (lavora al consorzio dell’ Acqua potabile) hanno realizzato pozzi in Kenia fornendo finalmente acqua buona ad una popolazione dove i bambini diventavano ciechi perchè bevevano fango ! La prima volta che hanno visto l’ acqua trasparente non si fidavano ad assaggiarla: secondo loro era strana. Si sono fatti coraggio dopo aver visto gli italiani berla, e caspita se l’ hanno gradita !!! Ecco: vorrei che i media enfatizzassero di più questi gesti positivi, abbiamo tutti bisogno di crdere che con la buona volontà è possibile trovare una soluzione, anche di fronte a situazioni così ingarbugliate che ci sembrano troppo più grosse di noi !!!
Grazie per l’ attenzione e complimenti ancora per l’ articolo.
Daniele
Tessa Gelisio
5 Dicembre 2015 at 11:28grazie a te x le info che ci hai dato