A tavola

Mangiare carne: in che modo fa male all’ambiente?


Mangiare carne

Mangiare carne fa male all’ambiente: è questo il mantra che ormai da qualche anno ci sentiamo continuamente ripetere, tra raccomandazioni dei climatologi e conversazioni – non sempre pacifiche, va riconosciuto – sui social network. E così, chi segue una dieta onnivora spesso viene assalito dai dubbi e da mille domande: “Ma quanto pesa la mia alimentazione sull’ambiente? E devo davvero rinunciare completamente alla carne per ridurre il mio impatto ambientale?”.

Orientarsi nell’universo di un’alimentazione più sostenibile non è semplice, perché la confusione è ancora molta e spesso il piano ambientale e quello etico si sovrappongono, lasciandoci senza grandi risposte. Per questo ho voluto cercare di chiarire quale sia l’effettivo impatto della carne sull’ambiente e, ancora, cosa possiamo fare per ridurlo anche quando decidiamo di non sposare regimi alimentari come quello vegetariano o vegano.

Quanta carne mangiamo?

Carne di mucca, allevamenti

Il primo passo da compiere è capire quanta carne mangiamo. Secondo uno studio pubblicato nel 2018 su Science, nei Paesi occidentali la richiesta di carne è praticamente raddoppiata dal 1961 al 2014. Se negli anni Sessanta una persona mangiava circa 23 chilogrammi di carne l’anno, cinque decenni dopo si è arrivati a ben 43 chilogrammi. Questo perché, soprattutto dopo la Seconda Guerra Mondiale, la domanda di proteine animali si è fatta sempre più insistente e gli allevamenti – in particolare quelli intensivi – hanno rappresentato una risposta più economica rispetto all’allevamento tradizionale.

Vi è però un problema non di poco conto: con la crescita senza sosta della popolazione mondiale, questo tipo di produzione di carne non è più sostenibile. Secondo la FAO, a questi ritmi entro il 2050 la richiesta di carne di pollo salirà del 76%, quella di manzo del 70% e quella di suino del 42%. Una crescita a cui l’industria alimentare non può rispondere, se non depauperando ulteriormente l’ambiente.

Mangiare carne, quanto inquina?

Mangiare carne e CO2

Come ho già accennato, la crescita della richiesta di carne è accompagnata da gravi questioni di tipo ambientale. Creare spazi per nuovi allevamenti intensivi, ad esempio, è una della prime cause di deforestazione, soprattutto in Sudamerica e nel Sudest Asiatico: gli habitat naturali vengono completamente distrutti per far largo, oltre che agli impianti di produzione, a enormi campi coltivati a monocolture destinati a produrre mangimi per gli animali.

Nel 2019, sempre Science ha evidenziato come l’allevamento sia responsabile del 14-15% di tutte le emissioni di gas climalteranti sul Pianeta, in particolare anidride carbonica e metano. Questo non solo per le attività di disboscamento – stando a un report del WWF, l’80% dell’abbattimento di alberi nella Foresta Amazzonica è proprio dovuto agli allevamenti intensivi di bovini – ma anche per gli stessi gas prodotti dagli animali durante il loro ciclo di vita (soprattutto i ruminanti), nonché i costi ambientali legati a macelli, impacchettamento, conservazione e trasporto. 

E l’elemento più allarmante è che, pur sfruttando anche l’80% di tutti i terreni destinati alla produzione di cibo, tutta questa carne fornisce solo il 37% delle proteine alimentari consumate a livello mondiale e il 18% delle calorie totali.

Ma nei fatti, come si traducono questi dati nella nostra quotidianità? Secondo un’analisi condotta da Environmental Working Group (EWG), per ogni chilo di carne consumato si emettono:

  • Agnello: 86.4 kg di CO2;
  • Manzo: 29.9 kg di CO2;
  • Maiale: 12.1 kg di CO2;
  • Pollo e tacchino: dai 6.9 ai 10.9 kg di CO2;
  • Pesce (da allevamento): tra i 9 e gli 11.9 kg di CO2.

E non è tutto, perché produrre carne significa anche consumare acqua. Per ogni chilo prodotto, sono necessari dai 7.000 ai 11.500 litri d’acqua, di cui oltre l’80% è necessario per l’irrigazione dei campi di mangime e le necessità di idratazione degli animali. Se si sommano tutti questi fattori – disboscamento, gas climalteranti, acqua e depauperamento del suolo – la produzione di carne balza fra le prime tre cause di inquinamento mondiale, insieme al settore dei trasporti e all’energia.

Ma dobbiamo davvero rinunciare alla carne?

Pesce

Davanti a questi dati, la domanda non può che sorgere a tutti: considerato un peso ambientale così elevato, dobbiamo tutti rinunciare alla carne? Se rispondessi in modo affermativo, spingendovi a scegliere un regime alimentare a base vegetale come accade per la dieta vegana e vegetariana, non farei altro che fornire la risposta più facile. Una risposta che difficilmente potrebbe però soddisfare le esigenze di tutti: chi non si sente ancora pronto a scegliere un regime alimentare veg, chi non può farlo per ragioni di salute, chi ancora non ne vuole sapere di rinunciare alle proteine della carne.

Credo sia quindi più utile un consiglio, magari dall’efficacia più ridotta, ma decisamente più universale: quello di consumarne meno e di miglior qualità. A partire dalle carni rosse che, oltre a essere quelle dal maggior impatto ambientale, sono anche fra i principali responsabili di alcune delle patologie più diffuse nelle società occidentali, ovvero quelle cardiovascolari. Un buon compromesso potrebbe includere:

  • Ridurre della metà, o di almeno un terzo, il consumo settimanale di carne;
  • Ridurre o eliminare le carni rosse e preferire il pollame o, meglio ancora, il pesce: per quanto non sia a impatto zero, il suo peso sull’ambiente è comunque minore;
  • Incrementare nella dieta alimenti vegetali altamente proteici, come i cereali e i legumi;
  • Guardare la provenienza della carne, dove è nato l’animale, dove è cresciuto e dove è stato macellato: spesso gli animali, poverini, hanno fatto il giro del mondo in condizioni disumane;
  • Scegliere, quando possibile, produttori a chilometro zero e con allevamenti di tipo tradizionale (pascolo) o biologico. Oltre a rispettare il benessere animale, possono ridurre il tasso di emissioni di gas climalteranti anche del 30-40% rispetto a quelli intensivi.

Insomma, se proprio non si vuole rinunciare a una bistecca di tanto in tanto, ci sono molti modi per rendere la propria tavola più sostenibile. Piccoli equilibri quotidiani che, tuttavia, possono avere un risultato enorme per il Pianeta!

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