Green Fashion

Cosa possiamo ricavare dai rifiuti tessili e calzaturieri?


Tessa Gelisio, rifiuti tessili

Vi siete mai chiesti quanti materiali possono essere ricavati dai rifiuti tessili e calzaturieri? È una domanda che di solito non ci poniamo, quando gettiamo un paio di scarpe consumato o diciamo addio a quell’abito che, ormai, non ci veste più. Eppure, da quelli che a noi appaiono come rifiuti ormai irrecuperabili si possono estrarre decine e decine di sostanze diverse, pronte ad alimentare una moda più sostenibile e amica dell’ambiente.

È quello che ho scoperto nell’avvicinarmi alla realtà del riciclo in Francia dove, da qualche anno a questa parte, sono state introdotte delle norme specifiche per rendere l’universo dell’abbigliamento e delle calzature sempre più sostenibile. E ve lo posso assicurare: con una gestione attenta e rigorosa, si possono rimettere in circolo migliaia di tonnellate di materiali che altrimenti finirebbero in discarica.

La Francia guida l’Europa, per una moda sempre più green

Rifiuti tessili e calzaturieri

Si discute ormai da tempo di una moda maggiormente sostenibile, capace di realizzare un circolo virtuoso di riciclo delle materie e pronta a privilegiare i tessuti vegetali rispetto a quelli di derivazione plastica oppure animale. Eppure, per quanto se ne parli, l’obiettivo nella maggior parte dei Paesi europei sembra ancora lontano, anche perché spesso mancano degli strumenti legislativi sufficienti a livello dei singoli Stati Membri che possano incentivare un mercato dell’abbigliamento meno inquinante.

Non però in Francia, dove da un paio di anni la questione è stata presa letteralmente di petto. Dal 2020 è infatti entrata in vigore una nuova normativa, pensata per estendere la responsabilità ambientale delle aziende produttrici, a partire dai brand specializzati in vestiario e calzature. Si tratta dell’applicazione locale dell’EPR europea, la normativa che obbliga i produttori e i distributori di beni di consumo a finanziare il sistema di recupero e riciclo di questi prodotti. Una legge che verrà introdotta pian piano in tutti i Paesi del Vecchio Continente, ma di cui la Francia è ormai capostipite.

Ad esempio, i cugini d’Oltralpe hanno deciso di vietare la distruzione degli invenduti e investito grandi risorse sul riciclo, per recuperare dai rifiuti quanti più materiali possibili. Così, con l’aiuto di realtà private – ma accreditate dallo Stato, come ReFashion – sono stati distribuiti sul territorio oltre 44.000 punti di raccolta di abiti usati e scarpe, per dare loro nuova vita.

Il risultato? Solo nel primo anno sono state raccolte 204.291 tonnellate di rifiuti tessili e calzaturieri, dalle quali è stato possibile ricavare materiali utili per la produzione di oltre 17 milioni di prodotti. Un vero e proprio successo che ci dimostra come, senza nemmeno enormi investimenti da parte dello Stato e delle aziende, rendere la moda più green non sia affatto un’utopia.

Ma cosa possiamo ricavare dai rifiuti tessili?

Rifiuti tessili, riciclo vestiti

L’esperienza francese ha reso più che tangibile un fattore ignorato dai più: dai rifiuti tessili si possono ricavare moltissimi materiali, più di quanti se ne possano immaginare. Sì, perché da un vecchio abito oppure da un paio di jeans non si recuperano solo filati utili a creare nuovi indumenti, ma anche tante sostanze pronte ad alimentare altri tipi di produzione, tessile o non.

È proprio ReFashion a spiegare quanto il nostro rifiuto tessile si possa trasformare in una risorsa preziosissima:

  • Lana: questo materiale può essere recuperato al 100% e, dopo essere stato lavato e sottoposto a processi di rigenerazione, può essere utilizzato per creare del filo cardato o nuovi gomitoli;
  • Cotone e altre fibre vegetali: dal lino alla canapa, passando proprio per il cotone, anche per le fibre vegetali il riciclo è completo. Se ne possono ricavare filo per cuciture, scampoli di stoffa, filati per abiti e tappeti e, grazie a un trattamento enzimatico speciale, anche cellulosa per produrre carta riciclata;
  • Viscosa: questo tessuto a base di cellulosa può essere facilmente trasformato in tessuto spugnoso per imbottiture oppure in filati per l’intrecciatura a maglia;
  • Mix cotone/lana e fibre sintetiche: la porzione in fibra naturale può essere recuperata come già visto, ovvero per la produzione di filo per cuciture, scampoli di stoffa, filati per abiti e tappeti. La parte sintetica può essere invece sottoposta a trattamenti industriali per la produzione di plastica per packaging o, ancora, per ottenere fibre per imbottiture o decorazioni per tessili;
  • Fibre completamente sintetiche: in caso di indumenti al 100% sintetici, le fibre possono essere riciclate per la produzione di nuova plastica, per creare materiali isolanti per l’edilizia, rivestimenti per l’industria automobilistica e molto altro ancora.

E dai rifiuti calzaturieri cosa possiamo recuperare?

Rifiuti tessili, riciclo scarpe

Successi di riciclo analoghi anche per l’universo delle calzature, che ci dimostra come il futuro più sostenibile della moda sia quello di un circolo virtuoso tra produzione e recupero delle materie prime. È sempre ReFashion a sottolinearlo, evidenziando come per le calzature il processo sia addirittura più immediato che per i rifiuti tessili. Questo perché la larga maggioranza di tutte le scarpe ritirate dai centri di raccolta può essere immediatamente riutilizzata, ad esempio distribuita sul mercato dell’usato o consegnate a chi ne ha bisogno.

Per le restanti, quelle che effettivamente sono troppo rovinate o danneggiate per poter garantire un riutilizzo immediato, ci sono vari processi di riciclo che permettono di ricavarne dei preziosi materiali. Innanzitutto, le calzature vengono sottoposte a disassemblaggio: dei macchinari speciali si occupano di separare la suola dal resto della scarpa e separare i materiali, come ad esempio tessuto, gomma e plastica. Dopodiché, le singole sostanze vengono sminuzzate per ricavarne tanti utili elementi:

  • Nuova gomma per suole e altre componenti delle scarpe o, ancora, rivestimenti in gomma di pavimentazioni da palestra e da gioco, materassini elastici e molto altro ancora;
  • Plastica riciclata da utilizzare sia nel calzaturiero che in altre industrie;
  • Schiume e filler per imbottiture;
  • Tessuti e filati rigenerati, sia vegetali/animali che sintetici;
  • Concimi, poiché quando le componenti biodegradabili non possono essere sottoposte a ulteriori trattamenti, vengono utilizzate per creare speciali compost poi utilizzati a livello industriale o agricolo.

Avreste mai detto che da un vecchio vestito, da una sneaker ormai distrutta, si potessero ottenere sostanze così preziose per dar vita a nuovi prodotti? Un circolo così virtuoso è però possibile solo quando le aziende produttrici, in concerto con le realtà sul territorio, si occupano della raccolta e del trattamento di questi materiali: per questo è necessario che tutti gli stati si dotino di speciali normative EPR, affinché la moda riduca sensibilmente il suo impatto ambientale. E per il consumatore, niente di più semplice: l’indumento che non si vuole più, anziché gettarlo nell’immondizia indifferenziata, lo si può consegnare a uno dei tanti punti di raccolta appositi, che si spera spuntino presto anche sullo Stivale!

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