È per molti considerato l’ingrediente principe di una dieta più etica, non a caso oggi la soia rappresenta l’alternativa più gettonata alle proteine di origine animale. Ma rimpiazzare tutto con la soia fa davvero bene all’ambiente? È una domanda che bisognerebbe di certo porsi, considerando come questo vegetale sia oggi al centro di numerosi dibattiti scientifici, per via del suo forte impatto ambientale. E anche sul fronte della salute, servirebbe una maggiore attenzione.
Per quanto le conseguenze sull’ambiente siano comunque inferiori rispetto alla produzione di carne, le monocolture di soia rappresentano un problema da non sottovalutare, tra deforestazione e depauperamento dei territori.
Soia: un alimento versatile, ma controverso
Originaria dell’Asia orientale, la soia – ovvero il Glycine max – è oggi un alimento coltivato e apprezzato in tutto il mondo. Il suo elevato contenuto proteico – circa il 36-42% del suo peso secco – lo rende uno dei principali sostituti della carne. E, fatto non meno importante, la sua versatilità permette di ottenere un gran numero di derivati, dal classico latte di soia passando per il tofu.
Date le sue importanti proprietà nutrizionali, non stupisce che la soia sia diventata uno degli ingredienti cardine delle diete vegetariana e vegana. E, d’altronde, se confrontata alla carne la soia ha un profilo ambientale migliore, ad esempio:
- per produrre un chilo di soia servono circa 1.800 litri d’acqua, contro i 100.000-200.000 che servono per la carne bovina;
- un chilo di soia emette circa 4-6 chilogrammi di CO2 equivalente, contro i 60-100 kg della carne bovina.
Eppure, proprio poiché non è tutto oro quello che luccica, anche la soia sta destando sempre più le preoccupazioni di ricercatori e ambientalisti: per quanto meno impattante della carne, il suo peso sulla distruzione degli habitat naturali è tutto fuorché da sottovalutare.
I danni ambientali della soia
Negli ultimi decenni, la richiesta di soia sul mercato internazionale è letteralmente schizzata alle stelle e, come spesso accade, ciò ha portato a una produzione sempre più intensiva e poco attenta alle necessità dell’ambiente. E per quanto oltre il 77% della soia oggi coltivata non sia destinata al consumo umano – perlopiù, per la produzione di mangimi per animali da allevamento – vi sono diversi fattori da prendere in considerazione.
La deforestazione causata dalla soia
La soia è sempre più causa di deforestazione, in particolare in Brasile e in altre località del Sudamerica. Uno studio pubblicato nel 2023, ha confermato che la sua coltivazione rappresenta oggi la seconda causa di distruzione delle foreste dell’Amazzonia, con il tasso record di 21 alberi abbattuti al secondo per fare spazio ai campi coltivati.
Come già accennato, la maggior parte di questa soia è destinata al consumo animale, tuttavia la porzione relativa al consumo umano aumenta di circa il 5% di anno in anno, diventando sempre più un problema globale.
La contaminazione chimica dei terreni
Non è però tutto: indipendentemente si tratti di soia coltivata a uso animale – e, in questo caso, oltre il 90% è OGM, per resistere agli attacchi dei parassiti – o umana, questo ingrediente è sempre più alla base di gravi contaminazioni chimiche del terreno.
La gran parte della soia prodotta per il consumo umano, infatti, proviene da agricoltura intensiva: per rispondere alla sempre più elevata domanda mondiale, vengono quindi impiegate enormi quantità di pesticidi e di fertilizzanti chimici.
Uno studio condotto sulla soia prodotta in Sudamerica ha evidenziato non solo una sempre maggiore perdita di biodiversità, proprio per lasciar spazio alle monocolture, ma anche un’elevata contaminazione chimica del terreno, con sostanze tossiche che giungono fino alle falde acquifere, inquinandole irrimediabilmente. Anche in questo caso, la maggiore responsabile è la soia OGM, che può essere importata anche in Europa per la produzione di alimenti e mangimi.
E proprio sulla soia OGM, il sopracitato studio evidenzia un effetto paradosso: sebbene sia stata geneticamente modificata per resistere ai parassiti, e quindi ridurre il ricorso a pesticidi e fertilizzanti, i produttori ne fanno comunque ampissimo ricorso per massimizzarne all’inverosimile la resa, più di quanto i campi potrebbero naturalmente sopportare.
I costi ambientali di trasporto della soia
Non bisogna poi dimenticare che la maggior parte della soia consumata in Europa proviene da coltivazioni locate altrove, poiché nel Vecchio Continente le condizioni ambientali non ne garantiscono una produzione su vastissima casa. Ciò comporta un impatto da non sottovalutare in termini di trasporto.
Uno studio condotto sulla filiera della soia brasiliana, ad esempio, ha evidenziato l’emissione di ben 223,46 milioni di tonnellate di CO2 equivalente – tra produzione e trasporto – di cui circa 57,89 per il trasporto verso i mercati interni e quasi 100 milioni di tonnellate su quello estero, in particolare nelle tratte Brasile-Cina e Brasile-Europa. È all’incirca quanto emettono 65.000 automobili, che percorrono circa 12.000 chilometri ciascuna.
Le preoccupazioni sul fronte della salute
Infine, non bisogna dimenticare che la soia è stata al centro di fitti dibattiti per i suoi possibili effetti sulla salute, fortunatamente ridimensionati dalla ricerca scientifica. In particolare, al centro delle polemiche sono finiti i suoi fitoestrogeni – genisteina e daidzeina, nel dettaglio – che possono mimare l’azione degli estrogeni umani, causando squilibri a livello endocrino.
Gli studi si sono concentrati sulla possibilità che il consumo possa aumentare il rischio di patologie femminili, come il tumore al seno, oppure infertilità e disturbi erettili negli uomini. In realtà, le ultime ricerche scientifiche confermano che un consumo moderato – non più di 1, massimo due porzioni al giorno – non presenta rischi né per la salute maschile né per quella femminile, in assenza di disturbi o patologie pregresse. Tuttavia, chi segue diete vegetariane o vegane dovrebbe prestare attenzione alle fonti di moltiplicazione, poiché i consumi quotidiani potrebbero essere più elevati, per quanto comunque non particolarmente preoccupanti per l’organismo.
In definitiva, per quanto la soia rappresenti un’alternativa valida alla carne, rimane un ingrediente dall’impatto ambientale importante. È quindi indispensabile scegliere solo soia biologica, da coltivazioni europee, nonché sposare una dieta varia ed equilibrata, con fonti proteiche vegetali provenienti da alternative più classiche e meno impattanti, come i comuni legumi europei.
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