Se negli allevamenti intensivi i batteri vengono combattuti a colpi di antibiotico, i virus trovano spesso le porte spalancate trasformando i capi di bestiame in potenziali bombe biologiche
Vi ricordate che qualche mese fa abbiamo parlato di allevamenti intensivi, nuove malattie e ceppi batterici super resistenti agli antibiotici (leggi qui)? Ecco è di questi giorni la notizia della scoperta di nuovi ceppi batterici resistenti in allevamenti intensivi cinesi (leggi qui), una scoperta che desta grande preoccupazione nei ricercatori sempre più consapevoli del rischio epidemiologico rappresentato dagli allevamenti. E siccome abbiamo parlato di batteri perché non parlare di qualcosa di ancor più subdolo, di virus? Magari di influenza?
Immaginate questa scena: un’anatra selvatica entra in contatto con un’anatra di un piccolo allevamento. Questa anatra selvatica che prende una sorsata della stessa acqua dell’anatra d’allevamento è malata, ha l’influenza aviaria, un virus robusto che alle basse temperature e in acqua può resistere per ore e ore se non giorni. La visitatrice selvatica contagia l’anatra domestica che contagia le sue compagne d’allevamento. Il virus è entrato nel circuito degli allevamenti e adesso ha una prateria di volatili da infettare. Dal piccolo allevamento si passa a quello intensivo e l’epidemia si propaga come un incendio in una cartiera. Il virus altamente patogenico (cioè con una grande capacità di infettare e indurre la malattia) ha tutto il tempo poi di “saltare” da uccelli a umani perché il passo è breve. Le vie dei virus sono infinite ma in certe aree e per alcuni ceppi sembrano portare tutte agli allevamenti. Ed è normale che sia così anche per le condizioni di allevamento, esattamente uguali in tutto il mondo dove due animali su tre vivono stabulati in puzzolenti lager, senza spazio imbottiti di chimica, semplici macchine produttrici di carne e derivati. Gli allevatori lo sanno che tanti animali ammassati si ammalano più facilmente di malattie contagiose e allora via, con tonnellate ed ettolitri di antibiotici a scopo preventivo. Cicli su cicli che forse terranno lontani i batteri ma contro i virus servono a ben poco. Anzi. Accrescono la debolezza degli animali già stressati da mancanza di spazio e di sonno, di cibo sano, da quando nascono a quando muoiono (leggi qui).
L’aviaria, la suina e compagnia brutta hanno origini differenti ma un comune denominatore: allevamenti intensivi di polli e maiali in tutto il mondo ma soprattutto in Cina e nel Sud Est Asiatico (anche se le epidemie possono insorgere ovunque ci siano allevamenti intensivi ancor più se abbinati a zooprofilassi insufficiente). Forse anche la temuta SARS dei primi anni del 2000 potrebbe essere stata introdotta nella nostra specie attraverso l’allevamento di piccoli animali da pelliccia, gli zibetti, nella stessa zona. D’altronde la densità demografica umana accoppiata alla densità animale negli allevamenti crea un mix letale. Ma se alla densità umana non esiste soluzione alle condizioni di allevamento sì.
Dal sito del CIWF (Compassion in World Farming), cito: “Tenere gli animali in condizioni di intenso sovraffollamento crea un ambiente paragonabile a una pentola a pressione per la diffusione di malattie come l’influenza aviaria altamente patogena. La FAO ha dichiarato che “globalmente, si ritiene che la maggior parte dei casi di HPAI (Influenza Aviaria Altamente Patogena) siano stati originati dalla mutazione di un virus a bassa patogenicità, derivato dagli uccelli acquatici, in un virus altamente patogeno di HPAI, attraverso il passaggio nei polli domestici. L’intensificazione della produzione di pollame, specialmente se non accompagnata da appropriate misure di biosicurezza, può favorire questo processo perché produce un grande numero di animali, vulnerabili, altamente concentrati, in cui il virus dell’influenza aviaria si apre un varco, una volta che è entrato nell’allevamento”.
Non esiste farmaco che possa prevenire un virus, o meglio, esiste e si chiama vaccino. Se ogni anno il ceppo influenzale cambia e non c’è solo l’influenza tra i tanti, tanti patogeni che assediano gli allevamenti, tuttavia, è irrealistico pensare di inseguire il vaccino giusto e fare prevenzione negli allevamenti che sono così estremamente vulnerabili. Gli allevatori possono attuare politiche di quarantena sui casi dubbi ma quando un virus veloce e subdolo come quello dell’influenza si insinua… è spesso troppo tardi e migliaia di capi devono essere abbattuti in sicurezza. Ecatombi che a volte nemmeno bastano a impedire che l’infezione si propaghi.
Ecco qualcosa su cui riflettere quando anche quest’anno l’influenza busserà alle nostre porte. Spesso si risolve tutto in uno starnuto o due, un po’ di tosse, qualche linea di febbre, qualche fastidio gastro intestinale e finisce lì, in una settimana. Ma non lascia dormire sonni tranquilli sapere che quello stesso virus se cambiasse una o due “lettere” del suo lungo codice genetico, una piccola mutazione, potrebbe diventare un virus potenzialmente letale. Per farlo ha bisogno proprio di quei milioni di animali ammassati negli allevamenti lager.
E’ per questo che l’OMS e gli epidemiologi di tutto il mondo stanno con le antenne sempre dritte per cogliere e spegnere sul nascere il focolaio di un’epidemia e tengono specialmente sott’occhio gli allevamenti intensivi, vere bombe biologiche, un buco nero dal quale può uscire di tutto, incubatori ideali per migliaia di patogeni.
E’ per questo che come cittadini dobbiamo scegliere carne da allevamenti ben diversi. L’unico scudo contro i virus negli allevamenti è il benessere degli animali. D’altronde troppa carne di pessima qualità fa male… Non è una novità, vero?
2 Comments
WALTER
24 Novembre 2016 at 15:30Ho tre galline che vivono libere in un prato alla sera si ritirano in una casetta dove gli lascio delle granaglie piu’ gli scarti delle verdure e ritiro le uova…oggi diluvia ma loro imperterrite sono fuori nel prato che continuano a beccare…hanno piu’ di due anni ma non ho mai dovuto ricorrere a farmaci perche’ sono in perfetta salute!!! Sarebbe forse ora di far smettere questa guerra dei prezzi che la grande distribuzione fa considerare che si dovra’ pagare piu’ cara la carne, mangiarne meno ma piu’ sana!!! Da questa parte dovremmo avere anche gli animalisti perche’ con le campagne che fanno danneggiano solo i piccoli produttori mentre i grandi allevamenti intensivi che maltrattano gli animali se ne fregano delle loro manifestazioni!!
Tessa Gelisio
5 Dicembre 2016 at 16:41concordo!!!