Punto di vista

Fanghi di depurazione, via libera ad inquinare?


Cos’è cambiato dopo il Decreto Genova e i rischi per la salute

Insieme ai termovalorizzatori, c’è un’altra questione che è causa di scontro tra fronti opposti e sta destando (giustamente) non poco scalpore. Avrete sicuramente letto, o sentito parlare, in questi giorni dei fanghi di depurazione da utilizzare in agricoltura: non è una novità la pratica in sé, ma è una nuova legge, conosciuta come il Decreto Genova (articolo 41 del decreto Legge 28 settembre 2018 n. 109), a cambiare completamente le carte in tavola. Oggi cercheremo di capire cosa permette questo nuovo articolo e cosa cambierà rispetto al passato, purtroppo non in meglio.

Partiamo dall’antefatto. Questa pratica, chiamata fertirrigazione, viene utilizzata già da diversi decenni e consiste nel concimare i campi con acqua unita a fertilizzanti; anche i fanghi di depurazione, ovvero la materia solida dei reflui urbani (le fogne, per capirci) sottoposta a trattamenti depurativi che possono avere capacità concimante. Fin qui nulla di male, come spiega anche Stefano Ciafani, Presidente nazionale di Legambiente: «Già ne produciamo e potremmo farne anche di più, perché in Italia 1 abitante su 4 non è servito dai depuratori e i gli scarichi finiscono in fiumi e mari, cosa che ci costa anche multe salate da parte dell’Unione Europea. Il problema è che questi prodotti non si possono mettere direttamente sul terreno: innanzi tutto perché le nostre fognature sono miste, raccolgono reflui da case come da ospedali, quindi bisognerebbe prima di tutto fare in modo che i fanghi contaminati vadano scaricati separatamente. I reflui urbani poi andrebbero trattati nei digestori anaerobici, e a quel punto utilizzare il compost, il tutto sottoposto a controlli severi.»

Quindi, quello che potrebbe essere un bell’esempio di economia circolare e una migliore gestione dei rifiuti, viene rovinato da una legge già nata male. E invece che correggerla, l’hanno peggiorata ulteriormente col famoso Decreto Genova. In pratica, sono aumentati a dismisura i livelli massimi di sostanze inquinanti che possono essere utilizzate: un esempio su tutti, gli idrocarburi, passati da un massimo di 50 mg/kg a 1.000 mg/kg, ovvero 20 volte tanto. Siamo oltre i limiti ammessi perfino per le discariche, e la cosa sta destando molte preoccupazioni, nei cittadini come nel mondo scientifico, visto che alcuni di questi composti sono cancerogeni e interferenti endocrini. Quello che manca è il famoso principio di precauzione: se non si conoscono gli effetti di una sostanza, non bisognerebbe ammetterla. Come facciamo a sapere se questi livelli sono già sufficienti ad aumentare il rischio di cancro e altre patologie?

Foto: www.de-gustare.it

La rivista “Il Salvagente”, nel numero di dicembre, ha dedicato al problema un’inchiesta molto approfondita, coinvolgendo associazioni ambientaliste come il WWF e società scientifiche come l’Istituto Ramazzini e Isde (Società internazionale medici per l’ambiente). Le contrarietà alla nuova norma provengono un po’ da tutte le parti: la Dott.ssa Patrizia Gentilini, oncologo e membro di Isde, afferma che “sono riusciti a peggiorare una base iniziale già molto negativa. L’impressione è che sia proprio un’autorizzazione a inquinare per legge”. Tra le sostanze ammesse figurano non solo idrocarburi, ma anche diossine (classificate come gruppo 1 da IARC, ovvero quello dei cancerogeni umani certi), metalli pesanti, Pcb (Policlorobifenili): “Ne esistono 209 tipi e sono stati vietati già negli anni ‘80 perché si è scoperto che non si degradano in nessun modo. Lo IARC li ha classificati cancerogeni per l’uomo di livello 1. Questo genere di sostanze inoltre, agisce come interferenti endocrini: alterano l’equilibrio ormonale andando a impattare sulle funzioni del sistema riproduttivo, sull’attività della tiroide e sullo sviluppo cognitivo. Queste sostanze agiscono su organismi in via di sviluppo anche a dosi minimali. In definitiva, non esiste alcuna soglia di sicurezza”, afferma la Dott.ssa Gentilini nell’intervista a “Il Salvagente”.
Una soglia di sicurezza che non è nemmeno stata presa in considerazione, come spiega Riccardo Quintili, direttore della rivista da cui mi sono fatta raccontare tutto quello che hanno scoperto con la loro inchiesta: «A prescindere dai nuovi limiti, il problema è a monte. Prima di fissare delle quantità ammesse per certe sostanze, bisogna capire che impatto hanno sulla salute: nel caso di sostanze cancerogene, per principio di precauzione, non andrebbero neanche fissati dei limiti, bisognerebbe proprio vietarle. E invece sono stati perfino aumentati, come nel caso del cromo esavalente.» Se ricordate il film con Julia Roberts, “Erin Brockovich”, avrete già un’idea; ma ecco cosa spiega la Dott.ssa Gentilini: “cromo, piombo, arsenico, la loro tossicità e pericolosità è accertata come il nesso con problemi di insufficienza renale, problemi alle ossa e all’apparato riproduttivo. Il cromo esavalente è un cancerogeno certo.”
La normativa cambia a seconda regione, ma vi posso dire cosa può finire nei fanghi in Lombardia, che produce circa il 70% dei fanghi utilizzati a livello nazionale: scarti della lavorazione di legno, carta, mobili, pelli e pellicce, plastica, fibre artificiali, prodotti farmaceutici, detergenti, disinfettanti e prodotti chimici “non specificati altrimenti”. Il problema degli scarichi industriali è legato sempre a quello delle fognature miste, che non raccolgono solo reflui urbani; una norma più restrittiva renderebbe i fanghi provenienti da zone al alta attività industriale inadatti a diventare fertilizzanti, ma oggi questo non succede.

Foto: www.ecologiae.com

E le cattive notizie non sono ancora finite. Un (altro) peggioramento della norma rispetto al passato preoccupa molto la Dott.ssa Fiorella Belpoggi, Direttore del Centro di Ricerca sul Cancro Cesare Maltoni dell’Istituto Ramazzini: prima i limiti di tolleranza venivano ricercati sulla materia secca (un fango è costituito circa al 90% da acqua), in modo da avere una misura certa e confrontabile. Ora, inspiegabilmente, si cercano sul totale del fango, spianando la strada ai fuorilegge, perché è sufficiente allungare un fango tossico con un altro po’ d’acqua per rientrare nei limiti! Insomma, una norma già molto permissiva di per sé che in più si presta facilmente ad abusi.

Foto: iltirreno.geolocal.it

Quello che preoccupa associazioni come il WWF poi è il problema di inquinamento ambientale. Nel decreto non sono contemplate questioni fondamentali come una distanza minima tra le abitazioni private e i luoghi in cui si spargono i fanghi, né un tempo minimo di attesa prima di arare i campi ed evitarne l’evaporazione, né un divieto ad evitare almeno fertilizzanti chimici per non aggiungere sostanze su sostanze. Quello che è nato come un provvedimento provvisorio, per gestire una situazione di emergenza, intanto è realtà e resterà tale chissà per quanto: dal momento che WWF ha preso per primo posizione contro il Decreto Genova, richiedendo delle modifiche alla norma, “Il Salvagente” ha intervistato Franco Ferroni, che dell’associazione è il responsabile Agricoltura & Biodiversità, che ha spiegato che vorrebbero ottenere “un drastico abbassamento dei limiti; per gli idrocarburi pesanti il limite indicato per le discariche dalla Ue; il rispetto di una distanza minima dalle abitazioni per spargere questi fanghi; la necessità di lavorare i terreni entro le 12 ore per evitare l’evaporazione dei contaminanti; il divieto di diserbanti chimici sul terreno fertilizzato con questi fanghi, per non aggiungere contaminanti e colpire la popolazione microbica che degrada gli inquinanti.”

Foto: www.iltempo.it

Infine, c’è un ultimo aspetto che tra salute e ambiente sta passando in sordina, come mi ha fatto giustamente notare Riccardo: i risvolti sul settore agroalimentare. Uno dei vanti del Made in Italy è che i nostri limiti di inquinanti sui cibi sono sempre stati tra i più restrittivi al mondo, e rischiamo di giocarcelo in questo modo. «Cosa succederà quando i giornali all’estero inizieranno a riportare la notizia? Non sappiamo quali danni ambientali stiamo creando e cosa stiamo trasferendo alle coltivazioni: questo via libera a inquinare danneggerà uno dei pochi settori che aiuta l’economia locale
Tra l’altro, va detto che l’agricoltura biologica non ammette in nessun modo questi trattamenti, ma non solo: «Una volta utilizzati per fertilizzare un terreno, questo non potrà più essere convertito a biologico per molti anni. Praticamente si chiede alle imprese di ipotecare il proprio futuro.»

 

Se a voi invece sta a cuore quello di tutti noi, aderite alla petizione di Il Salvagente per chiedere al Ministro dell’Ambiente Costa di cancellare questo decreto: la trovate a questo link https://www.change.org/p/fermate-i-fanghi-tossici-che-ci-avvelenano-e-danneggiano-il-made-in-italy-sergiocosta-min-luigidimaio-giamma71?source_location=discover_feed.

 

Foto copertina: www.riciclanews.it

 

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