Punto di vista

Le nuove etichette: tante belle novità e una davvero pessima!


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D’ora in avanti più trasparenza sugli ingredienti ma meno sulla filiera! Tanti passi avanti per uno, enorme, indietro.

Abbiamo atteso tanto le nuove etichette alimentari per poi scoprire che a fianco di tante novità buone si è fatto un passo indietro per quanto riguarda la trasparenza. Vediamo le novità, belle e brutte.

Le belle novità consistono soprattutto nell’aver obbligato i produttori  a segnalare in etichetta la presenza di eventuali allergeni, ossia tutte quelle sostanze per cui sia nota la possibilità di una risposta allergica.

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Alleluja! Chi soffriva di un’allergia alla soia non poteva sapere che sotto la voce grassi vegetali si nascondeva anche l’olio di soia e che ai più sensibili avrebbe potuto scatenare reazioni allergiche anche se presente in piccole quantità.

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Un altro alleluja per l’obbligo di segnalare l’olio di palma, olio di cocco e, in generale, definire i grassi e gli oli vegetali utilizzati senza nasconderli dietro la generica dicitura “olii vegetali” o “grassi vegetali”, oli da pochi soldi alcuni dei quali (vedi olio di palma) forse dannosi per la salute e disastrosi per l’ambiente.

Dovranno essere indicati i trattamenti subiti dagli ingredienti. Se vengono usate, per esempio, proteine del latte o il latte in polvere dovrà essere specificato e non potrà più essere indicato l’impiego di “latte” come ingrediente se non nella sua forma liquida.

Dovranno essere specificate le date di congelamento sugli alimenti (specialmente carne e pesce) congelati e dovrà essere apposta la dicitura “decongelato” ai prodotti giunti al punto vendita congelati e poi venduti scongelati.

Se vengono impiegati succedanei di ingredienti previsti nella preparazione tipica di un prodotto dovrà essere specificamente indicato, in maniera chiara e ben visibile. Se in una pizza surgelata made in Germany viene impiegato formaggio “sintetico” e non vera mozzarella verrà indicato direttamente a fianco del nome del prodotto. Un esempio teorico, ecco cosa dovremmo leggere sulla confezione:  “Pizza Totò” – con Lygomme® (succedaneo di sintesi dei formaggi fondenti creato da un mix di proteine del latte e olio di palma).

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Se un prodotto contiene caffeina dovrà essere chiaramente indicato a tutela delle categorie più sensibili all’alcaloide come bambini o donne incinte o in allattamento. La data di scadenza dovrà apparire ben leggibile su ogni singola porzione (se singolarmente confezionata) del prodotto in vendita. In generale le etichette dovranno essere più leggibili ed evidenti, permettendo una rapida lettura degli ingredienti da parte del consumatore.

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E queste sono tutte novità che dovrebbero farci felici contribuendo alla sicurezza dei prodotti alimentari non permettendo più a produttori e distributori di fare i furbetti. MA, c’è una nota dolente.

Sulle etichette sarà ben evidente il nome del responsabile del prodotto, ossia chi lo commercializza, la sua sede legale. Ma chi lo commercializza non è necessariamente il produttore! Dal 13 dicembre scorso, però, non è più obbligatorio indicare lo stabilimento di produzione.

La regola che, per trasparenza di filiera, prevedeva la pubblicazione obbligatoria in etichetta dello stabilimento era una norma nazionale, non europea. Si sa che noi italiani siamo il top in fatto di sicurezza alimentare (almeno in questo!) e per zelo e motivi di sicurezza abbiamo obbligato chiunque vendesse nel nostro paese prodotti alimentari a segnalare l’origine del prodotto non solo il responsabile legale.

Lo abbiamo fatto per motivi di sicurezza, per risalire immediatamente alle possibili origini di cibo contraffatto, inquinato o infetto, bloccando produzione o distribuzione sul territorio nazionale. Così facendo, mi chiedo io, nel caso vengano rilevati botulino o della salmonella, per esempio, i vari dipartimenti di igiene e le forze dell’ordine posso immediatamente contattare il distributore del prodotto ma come possono essere certi che venga prontamente segnalato il vero stabilimento di produzione dei prodotti adulterati?!

 

Inoltre, se una pasta di una nota marca italiana sarà prodotta in Romania non sarò in grado di scoprirlo!!! Di certo così sarà molto difficile tutelare il Made in Italy!

Sarebbe importante che il legislatore italiano ripensi bene alle norme nazionali: l’Europa può fare quel che crede in materia economica e politica ma qui a casa nostra la qualità del cibo è sacra!

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  • teresa
    18 Gennaio 2015 at 6:19

    Sono sempre più delusa dalle normative che tutelano i prodotti alimentari non mi sembra vero che ci possa essere dietro ogni singolo prodotto l’inganno.
    Grazie Tessa e grazie a tutti quelli che la pensano come me.