I vantaggi delle “terapie complementari”: la cura dedicata ad ogni individuo
La salute è sempre un tema “caldo”, anche sulla rete. Tra articoli più o meno scientifici, interviste fatte a massimi esperti del settore oppure semplici bufale che servono più ad acchiappare click che ad altro, sul web si possono trovare una quantità infinita di informazioni. Il fatto che purtroppo non siano sempre attendibili non sembra far desistere gli italiani, visto che secondo una recente indagine dell’Osservatorio Reale Mutua, 1 su 3 ha cercato su Internet risposte per questioni di salute.
Il motivo principale che spinge a fare ricerche sul web? Visite mediche troppo sbrigative. Il tempo che un paziente si vede dedicare dal proprio medico, è vissuto come un parametro fondamentale per valutare la sua bravura. A quanti di noi è capitato di non sentirci ascoltati, capiti, quanti avrebbero voluto essere rassicurati, mentre invece si sono trovati davanti un medico che ha prescritto una terapia in quattro e quattr’otto, magari senza nemmeno guardarci una volta in faccia? Credo un po’ a tutti, visto che in Italia la durata media di una visita medica è di appena una decina di minuti.
Foto: www.laleggepertutti.it
Anche di questo parla un recente articolo pubblicato su Adnkronos, intitolato Omeopati: “Tra visite lampo e fake news medicina perde di vista l’uomo” (potete leggerlo cliccando sul link). Una differenza sostanziale tra i medici, diciamo, “tradizionali” e quelli che utilizzano anche terapie alternative (ma sarebbe meglio definirle complementari, perché non si sostituiscono a farmaci o interventi chirurgici), è proprio il tempo della visita. Se vi è capitato di consultare un medico omeopata, lo saprete: qui non esistono tempi stretti, pazienti che entrano ed escono come in una catena di montaggio. È vero che non è sempre colpa dei medici, perché specie nelle strutture pubbliche non sono loro a prendere gli appuntamenti e non hanno libertà di decidere quanto tempo dedicare a ciascuno; ma il motivo non è solo legato ai tempi che corrono, è proprio la filosofia della cura del paziente che è cambiata, legata più alla malattia che al paziente stesso. Anamnesi breve (quando fatta), esami diagnostici che ormai sono sempre più tecnologici e si vanno a sostituire al famoso senso clinico del medico di una volta, cure spesso standardizzate che il più delle volte agiscono sul sintomo senza eliminare il problema di fondo che lo scatena.
Nell’articolo di Adnkronos è stato intervistato il Dott. Francesco Negro, medico omeopata, di cui mi ha colpito molto una frase: «Oggi c’è fretta nel comunicare e nell’ottenere risposte, per cui una patologia deve essere risolta in brevissimo tempo, e non si guarda più alle conseguenze dei farmaci che vengono assunti. La medicina omeopatica è certamente più lenta, perché deve cercare di ricostituire in una persona l’equilibrio psicofisico perso, guardando all’uomo come corpo, mente e spirito, dunque come un tutt’uno; del resto, ‘individuus’ in latino significa proprio ‘indivisibile’.» Il medico romano è anche presidente della Fondazione Negro, nata proprio con lo scopo di informare correttamente sulle cure omeopatiche e sottolineare l’importanza, quando si ha in cura un paziente, di considerarlo sempre nel suo insieme e nella sua individualità, perché ciascuno di noi è diverso, anche per il vissuto che si porta dietro e da cui un intervento terapeutico non può prescindere.
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«Si sta perdendo un rapporto confidenziale con la persona, perché non si ha il tempo di affrontare le sue problematiche. Va recuperato il tempo da dedicare al paziente perché l’obiettivo è di arrivare a comprendere quali sono le sue sofferenze», afferma invece Elena Bosi, pediatra esperta in omeopatia. I due medici chiariscono che una visita omeopatica, o di un’altra delle terapie complementari, non ha tempi prefissati perché l’obiettivo principale è conoscere il paziente, la persona che si ha di fronte, stabilire un rapporto di fiducia, ascoltare tutto quello che ha da dire e non solo, ma cercare anche di capirlo interpretando il suo atteggiamento. Una delle principali accuse che viene fatta all’omeopatia è quella di funzionare solo per un “effetto placebo”. Bisogna ricordare che l’effetto placebo si scatena quando un paziente ha fiducia nel proprio medico, perché solo in questo caso può essere convinto che la terapia assegnata è quella giusta e questo, può avvenire anche per gli specialisti tradizionali! Il punto è sempre lo stesso: il tempo e l’attenzione che vengono dati. Inoltre, alcune ricerche hanno dimostrato che l’omeopatia funziona anche per la cura delle piante, organismi che non hanno un sistema nervoso centrale e che quindi non possono risentire dell’effetto placebo.
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Proprio per i principi su cui si basa l’omeopatia, poi, ogni paziente viene considerato a sé, i trattamenti non sono mai uguali per tutti, neanche per due persone che soffrono dello stesso problema, perché ogni cura viene “cucita su misura”. È quello che il Dott. Negro chiama «un neoumanesimo, perché mette al centro l’uomo e non la malattia»: la terapia non è semplicemente contro una patologia, ma per una persona che per qualche motivo soffre di quella patologia, e bisogna andare alla radice del problema per risolverlo. Non è un caso che le cure omeopatiche funzionino bene soprattutto per tutte le malattie croniche o su quelle psicosomatiche, dove spesso le terapie tradizionali non hanno dato risultati nel lungo termine.
Proprio per questo l’omeopatia non dovrebbe essere demonizzata ed esclusa a priori dagli altri medici: se anche la medicina tradizionale riconoscesse i propri limiti, e ci fossero un’apertura e una collaborazione con altri specialisti, dove ciascuno possa imparare dagli altri e migliorarsi, i pazienti avrebbero solo da guadagnarci. E nessuno correrebbe più il rischio di cadere in pericolose fake news in fatto di salute.
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