Come prevenire e alleviare i sintomi attraverso alimentazione e stile di vita
Dopo le abbuffate delle festività natalizie, piccoli disturbi e fastidi a livello digestivo sono più frequenti del solito.
Vi è mai capitato, ad esempio, un rigurgito acido dopo mangiato? Succede quando i succhi gastrici risalgono verso l’esofago: può essere piuttosto fastidioso se non doloroso, perché il pH dello stomaco è acido e i tessuti dell’esofago non sono fatti per sopportarlo.
Un episodio occasionale non è preoccupante, ma se invece avviene di frequente o se il disturbo è particolarmente intenso, potreste soffrire di reflusso gastroesofageo.
Foto: www.donnamoderna.com
Forse qualcuno non ne ha mai sentito parlare, eppure è più comune di quanto si creda: colpisce tra il 10% e il 20% della popolazione europea, uomini e donne indistintamente. E non è da sottovalutare, perchè oltre a influire negativamente sulla vita di tutti i giorni, può portare a delle complicazioni: a lungo andare, l’acidità dei succhi gastrici può provocare ulcere o lesioni dell’esofago.
Per questo motivo ho deciso di trattare l’argomento insieme a un vero esperto, che ho già avuto modo di conoscere nello studio di “In Forma”: il Professor Silvio Danese, Gastroenterologo e responsabile del Centro Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali di Humanitas e docente di Humanitas University.
Prima di tutto, quali sono le cause della malattia da reflusso?
«Nella zona di passaggio tra stomaco ed esofago abbiamo un muscolo chiamato sfintere esofageo inferiore: si apre quando ingeriamo il cibo, e si richiude subito dopo per impedirne la risalita; è una vera e propria barriera. Se i suoi meccanismi subiscono delle alterazioni, avviene il reflusso, ovvero il ritorno di materiale acido nell’esofago.
Queste variazioni sono causate da diversi fattori: alimentazione, ormoni, alcuni tipi di farmaci, cattive abitudini come il fumo, ma anche dallo stress. È frequente anche nelle persone in sovrappeso e nelle donne in gravidanza, perché aumenta la pressione sullo stomaco.»
Quali sono i sintomi? Qual è il campanello d’allarme che deve far dubitare di soffrire di reflusso?
«Il sintomo più tipico è il rigurgito acido, ma anche il bruciore retrosternale, ovvero dietro il petto, è molto comune. Ne esistono però anche altri, come difficoltà a deglutire, digestione lenta, tosse, abbassamento della voce, singhiozzo, dolore toracico.
I sintomi possono essere persistenti e durare tutta la giornata o verificarsi solo in certi momenti, ad esempio dopo i pasti, al risveglio, in posizione sdraiata o se ci piega in avanti. In ogni caso, per parlare di malattia da reflusso devono essere cronici e presentarsi quotidianamente, tanto da influire sulla qualità della vita.»
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Come avviene la diagnosi?
«In genere è sufficiente la sintomatologia. Se i sintomi sono atipici, la diagnosi avviene per esclusione, quando non sono ricollegabili ad altre malattie; se il paziente non risponde alla terapia, o sono presenti altri disturbi come dimagrimento, inappetenza o anemia, possono essere necessari degli approfondimenti, come la gastroscopia.»
Veniamo alla terapia: come si tratta il reflusso gastroesofageo?
«Prima di tutto, attraverso un corretto stile di vita e un’alimentazione adeguata. Occorre escludere alcuni alimenti dalla propria dieta: menta, caffè, cioccolato, agrumi, pomodoro o alcolici stimolano la secrezione gastrica, peggiorando la situazione. Il caffè poi altera la tenuta dello sfintere esofageo di cui parlavamo prima, così come le bevande gassate. Attenzione anche ai fritti e in generale ai cibi grassi, che rallentano la motilità gastrica: più tempo il cibo rimane nello stomaco, più probabilità ci sono che avvenga il reflusso.
In compenso, però, sempre dalla tavola arrivano alcuni rimedi: spezie come lo zenzero e la curcuma hanno l’effetto opposto, aiutano la motilità dell’apparato digerente, essendo quindi di grande aiuto.
Tra gli altri consigli, oltre ad abolire il vizio del fumo, è raccomandabile fare piccoli pasti, soprattutto la sera, e non andare a letto appena mangiato: meglio aspettare almeno 3 ore prima di coricarsi; è importante anche mantenere un normale peso corporeo, facendo attenzione soprattutto a non accumulare grasso addominale.
Solamente quando queste indicazioni non risultano sufficienti ad eliminare il disturbo, si ricorre a farmaci specifici, come gli antiacidi o quelli che riducono la produzione di succhi gastrici; l’approccio chirurgico è raro ed è limitato solo in casi gravi e particolari.
Il modo migliore per alleviare i sintomi e prevenire insorgenze in futuro è mantenere una buona forma fisica e fare attenzione a quello che portiamo in tavola ogni giorno.»
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In fondo, come mi piace sempre ricordare, “Siamo quello che mangiamo”.
Grazie al Prof. Danese per la disponibilità e questi preziosi consigli!
Foto copertina: www.ambientebio.it
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