Green lifestyle

Attenzione ai falsi cosmetici bio: non è tutto eco quello che luccica… di verde!


Le trappole dei furbetti del marketing e come riconoscere i prodotti davvero naturali

Conoscete la pirite? È un minerale giallo, chiamato “l’oro degli stolti” per la sua somiglianza con l’oro, che potrebbe confondere un non esperto. Che si tratti di pietre di scarso valore fatte passare per preziose, o di prodotti per l’igiene quotidiana che sembrano innocui per l’ambiente e la nostra salute, cercano sempre di fregarci.

Dato che sempre più persone cercano prodotti sicuri, come confermano i dati dell’ultimo Rapporto “Bio Bank” (una raccolta di statistiche sul mondo del biologico), secondo cui il settore della cosmesi in Italia è cresciuto del 177% negli ultimi cinque anni, le furbizie del marketing si sono moltiplicate.

I cosmetici ecobio piacciono perché oltre a rispettare l’ambiente, sono a base di ingredienti di qualità, ricchi di proprietà benefiche per la cura di pelle e capelli, e non contengono sostanze di sintesi inquinanti come i derivati del petrolio o peggio potenzialmente nocive per la salute, da cui numerosi esperti cercano da tempo di metterci in guardia (qui trovate la lista degli ingredienti da evitare nei cosmetici).

Alla luce di questa nuova consapevolezza, e soprattutto dalle nuove preferenze dei consumatori, molte aziende quindi hanno cambiato rotta, proponendo completi restyling delle loro linee, magari ottenendo anche certificazioni biologiche; altrettante invece hanno investito per lo più in marketing, dandosi una nuova immagine, ma rimanendo all’incirca uguali dietro questa facciata. Basta guardare le pubblicità o vedere le confezioni nei negozi: quanti marchi fanno ampio uso di confezioni verdi, immagini di erbe ed estratti naturali, claim che attirano l’attenzione delle persone più sensibili a queste tematiche? Quasi tutti. Se volete diventare dei veri ecocentrici, però, dovete anche imparare a non cadere nei tranelli di quelli che chiamo eco-furbi: ecco qualche esempio delle “trappole” mediatiche più diffuse. Se le conosci, le eviti!

INGANNO N.1: CLAIM ACCHIAPPA CONSUMATORI SENSIBILI

Foto: greenme.it

Scrivere a caratteri cubitali sulla confezione sigle come “Cruelty Free” o “Non testato su animali” è un ottimo sistema per “accaparrarsi” clienti amanti degli animali, che catturati da quel valore aggiunto probabilmente non vorranno sapere altro (tipo la composizione del prodotto). Peccato che non sia un vero valore aggiunto, perché questa ormai è una caratteristica che appartiene a tutti i cosmetici: dall’11 marzo 2013 è entrata in vigore una legge europea che vieta di condurre esperimenti e di importare ingredienti che siano stati testati su animali.
Vi faccio un esempio pratico. Lush è un marchio creduto dai più super naturale, che riporta slogan come “Fight animal testing” (combattere i test sugli animali), eppure guardando l’INCI di una loro crema viso (“Skin Drink”, la prima che mi è capitata) si trovano sostanze come Triethanolamine, classificata da EcoBioDizionario con semaforo rosso perché potrebbe liberare nitrosoammine, composti cancerogeni, più due parabeni, probabili interferenti endocrini. Non proprio naturale al 100%…

 

INGANNO N.2: IL “SENZA…” IN ETICHETTA

Foto: artnaturals.com

Visto che da tempo alcuni esperti come Fabrizio Zago stanno cercando di fare informazione, parlando di quelle sostanze, seppur ancora ammesse (almeno in Italia) ma sotto la lente d’ingrandimento perché potenzialmente dannose, un altro ottimo sistema degli esperti di marketing è di sottolineare che un prodotto è “senza” uno o più di questi ingredienti. Chi si preoccupa poi di leggere cos’altro contiene, quando l’immagine che dai è quella di un cosmetico innocuo? Attenzione però, perché niente di più facile che l’ingrediente incriminato sia sostituito da uno molto simile: un grande classico è la dicitura “senza siliconi” e l’utilizzo di filmanti di sintesi che, pur non essendo tecnicamente siliconi, hanno il medesimo effetto. Trovate tanti altri esempi nel post che ho dedicato all’argomento: https://ecocentrica.it/linganno-del-senza/

 

INGANNO N.3: CONFEZIONI VERDI E INGREDIENTI NATURALI

Foto: ohga.it

Qui i casi che potrei citarvi si sprecano. Il primo che mi viene in mente (perché ultimamente si vede di continuo la sua pubblicità alla TV) è la linea “Aloe Vera Hydra Bomb” di Fructis: l’immagine della pianta di aloe sullo sfondo completamente verde, un ingrediente naturale che dà il nome alla linea, la scritta “con aloe vera e glicerina vegetale” in etichetta… eppure ho guardato l’INCI di uno dei prodotti, la crema senza risciacquo (“Aloe Vera Air-Dry Cream”), e all’inizio dell’elenco ho trovato PEG e PPG, molecole derivate dal petrolio.

 

INGANNO N.4: UN INGREDIENTE BIO, MA NON SIGNIFICA CHE È BIO TUTTO IL COSMETICO

Foto: alebshop.it

Il fatto che un prodotto abbia una o più materie prime da agricoltura biologica, non significa necessariamente che sia certificato (o certificabile) come completamente bio. Ad esempio, la Crema viso della linea alle Mandorle dolci di Bottega Verde, un altro marchio considerato green: specificano che l’ingrediente chiave, l’olio di mandorle dolci, proviene da coltivazioni biologiche. Ma tra gli altri che compongono la formula ce ne sono alcuni che non potrebbero mai essere ammessi da un disciplinare di cosmesi bio, come siliconi, parabeni e Imidazolidinyl urea, un conservante di sintesi che può rilasciare formaldeide (una sostanza classificata come cancerogena).
Poi certamente ci sono prodotti a base di soli ingredienti naturali, in buona parte anche da agricoltura biologica, ma che non sono ancora certificati, magari perché l’azienda è nata da poco e l’iter da seguire è lungo, ma sono perfettamente conformi; i casi sono due: o vi prendete la briga di leggere l’INCI (potete aiutarvi con l’App di EcoBioControl, sviluppata da Fabrizio Zago), oppure nel dubbio acquistate solo prodotti certificati da enti come ICEA, AIAB, CCPB, Cosmos, Ecocert, Cosmebio, BDIH, NaTrue.

 

INGANNO N.5: “BIO” NEL NOME DEL MARCHIO

L’associazione per la tutela dei consumatori Altroconsumo ha segnalato all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato il marchio di cosmetici Bio-Oil, perché quel prefisso “bio” utilizzato nel nome è fuorviante, tanto da considerarsi pubblicità ingannevole (nel Regno Unito, l’organo di autoregolamentazione della pubblicità ha vietato gli spot televisivi dei prodotti per lo stesso motivo). Tra l’altro, il famoso olio per il corpo di Bio-Oil non potrebbe essere certificato bio neanche volendo, visto che al primo posto dell’INCI c’è la paraffina!
E non è l’unico marchio a essere bio (solo) nel nome. Le tinte BioKap si chiamano così perché sono una delle linee del marchio Bios Line, che ha anche ottimi prodotti (compresi quelli di naturopatia), ma le tinture non sono certo naturali o con ingredienti diversi da quelle classiche. BioNike invece è una linea che si trova in farmacia, presentata come adatta alle pelli più sensibili, Nickel Tested, senza conservanti, profumo o glutine (piccola nota: quella del “senza glutine” è un’altra bella furbata, una dicitura contestata dall’Associazione Italiana Celiachia perché utilizzata per attrarre i consumatori celiaci e creando inutili allarmismi, visto che il contatto esterno con il glutine non rappresenta un rischio). Per di più, le loro formule non sono neanche così naturali, perché non mancano le solite sostanze di sintesi come solventi e siliconi.

 

Insomma, destreggiarsi in un mondo costellato di specchietti per le allodole non è semplice, perché la fregatura è sempre dietro l’angolo. Mi dispiace perché spesso a rimetterci sono le aziende serie, soprattutto quelle piccole e a conduzione famigliare, che si impegnano ogni giorno per essere davvero naturali e rispettose dell’ambiente ma competono in un mercato con concorrenti sleali!

 

N.B.: Le mie considerazioni sugli ingredienti le ho fatte alla luce di studi scientifici, opinioni di esperti di cui mi fido, fonti come EcoBioDizionario o i regolamenti delle certificazioni eco-biologiche.

 

Foto copertina: 100daysofrealfood.com

 

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