Un altro “appunto di viaggio” forse tra i più tristi di quelli che ho portato dal Sudamerica: vedere con i miei occhi una piantagione di coca boliviana che prende il posto della foresta. Una pianta che per le popolazioni locali è considerata sacra, mentre per i trafficanti e gli sfruttatori è solo una crudele fonte illegale di denaro. Che produce danni alle persone e all’ambiente. Nonostante la terza riconferma di un presidente “indio” che aveva suscitato grandi speranze..
La Bolivia è in Sud America. La sua superficie non è enorme: circa 1.100.000 chilometri quadrati, tre volte l’Italia. Secondo il censimento svolto nel 2012 contava 10 milioni di abitanti. I suoi “vicini di casa” sono a nord e ad est il Brasile, a sud l’Argentina e il Paraguay e ad ovest il Perù e il Cile.
Domenica 12 ottobre la Bolivia ha eletto per la terza volta consecutiva Evo Morales, primo presidente indio della sua storia . Un uomo che visti i consensi plebiscitari aveva sollevato e continua sollevare grandi speranze di riscatto.
Ho visitato per la prima volta la Bolivia nel 2006, a pochi mesi dalla prima elezione di Morales. Durante quel viaggio ho sorvolato una distesa di splendida e intatta foresta tropicale in vendita per soli 15$ all’ettaro, 10.000 metri quadrati, svenduta all’offerente che volesse trasformarla in parquet per pavimenti di lussuose case occidentali o asiatiche. Cinque anni… e quella foresta non esiste più, al suo posto c’è una landa desolata e sterile, invivibile per uomini e animali. In compenso molti di noi possono camminare su uno splendido parquet e molti altri aspirano il ricordo di quella foresta nelle toilette di qualche locale notturno
Si riconosce subito una piantagione di coca: il suo verde acceso, chiaro e luminoso, si staglia sullo sfondo verde cupo della foresta tropicale che dall’alto appare come un patchwork vegetale di chiazze scure e chiare dalla forma troppo regolare per essere naturali. Le piantagioni sono costellate da piccoli nuclei abitativi, dimore delle famiglie che coltivano i campi di coca tutt’intorno, ricavati deforestando pezzi di foresta vergine.
All’epoca ho parlato con un uomo intento a spargere su un telo le foglie di coca appena raccolte per essiccarle al sole. Mi ha raccontato che è arrivato qui con moglie e figli tre anni prima. Sfrutterà al massimo le capacità della sua piantagione per poi spostarsi nuovamente perché i terreni tropicali si impoveriscono velocemente: qui tra breve non potrà più crescere nulla. Allora, si trasferirà con la sua famiglia a qualche chilometro di distanza dove deforesteranno per costruire la nuova casa e creare nuovi campi di coca. Apriranno nuove strade, varchi che saranno percorsi da cacciatori, deforestatori e altri “cocaleros”. In piccolo, laborioso, variegato esercito, affamato di terra e risorse.
Quando Morales è stato eletto la prima volta nel 2006 le aspettative erano molto alte e si era sperato in un rinnovamento sociale e in un serio intervento per la protezione e la valorizzazione dell’immenso patrimonio naturale boliviano. Ma confrontandomi con diversi membri di associazioni ambientaliste che operano in Bolivia, ho scoperto che la situazione ambientale boliviana oggi è la peggiore degli ultimi 30 anni, specialmente a causa dell’incremento della deforestazione legato alla produzione di coca. La coltivazione è addirittura aumentata notevolmente e si è addirittura allargata alle aree protette, come i parchi nazionali.
In Bolivia la pianta della coca è considerata sacra, tradizionalmente coltivata ed utilizzata. Ma questo aspetto storico-culturale del suo impiego pare essere in parte un mito perché secondo molti storici e antropologi il suo ampio utilizzo sarebbe stato incentivato dagli invasori spagnoli, che ne promossero l’impiego tra gli schiavi-lavoratori ben oltre le loro usanze millenarie. Tè, medicinali, mate, foglia da masticare… la coca è una pianta officinale dai molteplici usi.
Nelle zone andine e rurali ti abitui presto a vedere donne e uomini masticare per ore e ore una sorta di palla di foglie di coca che deforma i loro volti come se fosse un gigantesco chewingum dai poteri magici. Lontano dalle città, ogni famiglia ha la propria piccola piantagione di coca tra zucche, banane e patate, destinata sia all’uso personale che alla vendita. La coltivazione della coca però è più redditizia di quella del caffé o della canna da zucchero e per questo sta dilagando. Il prezzo delle foglie di coca riconosciuto ai coltivatori negli ultimi dieci anni è più che raddoppiato. Ovviamente sono i cartelli della droga a trarre i grandi profitti con la trasformazione delle foglie in polvere bianca e la sua commercializzazione in Nord America ed Europa.
Produttori di carta, commercianti di legname, cercatori d’oro, diamanti e petrolio, allevatori estensivi e coltivatori intensivi, sono sempre stati questi i nemici della foresta. Ora a questo già nutrito esercito si aggiungono i produttori di coca(ina) che trafugano risorse per trasformale in “sballo” e morte. Gli effetti collaterali di questa scelta li paghiamo noi, gaudenti autodistruttivi e li pagheranno i boliviani alla perenne ricerca di un modo per sopravvivere in un mondo basato sugli squilibri.
4 Comments
Ettore Giannella
18 Ottobre 2014 at 8:13Brava…
Maurizio
18 Ottobre 2014 at 9:27è allucinante leggere queste cose, anche se ne sei a conoscenza rileggerle di nuovo mette tristezza. Nel mondo sono troppi i problemi, è come avere una coperta troppo corta, copri da un lato e scopri dall’altro! Ah piccola rettifica…la Bolivia è circa 1’100.000 kmq ti sei persa qualche zero per strada o li hai sniffati
Tessa Gelisio
18 Ottobre 2014 at 9:40SORRY!!
Maurizio
18 Ottobre 2014 at 10:29Eheeheh 😛