La crisi del made in Italy agroalimentare che fa male alla nostra economia, salute e ambiente
Olio extravergine d’oliva che viene dalla Tunisia, mozzarelle fatte con latte tedesco, pasta con grano ungherese… I prodotti italiani stanno diventando una nicchia?
Vediamo cosa c’è tra scaffali e banconi dei supermercati.
In effetti, ho notato tantissima frutta e verdura straniera: melanzane che arrivano dalla Spagna, fagiolini dal Marocco, meloni dal Brasile, kiwi provenienti dalla Nuova Zelanda a fianco di quelli italiani, tra l’altro venduti a un prezzo più basso.
Va bene che l’alta richiesta di frutta esotica ci costringe ad importare dai Paesi tropicali, perché da noi non sono coltivabili, ma perché kiwi dalla Nuova Zelanda?
Secondo Coldiretti, negli ultimi 15 anni c’è stata effettivamente un’invasione di frutta straniera, che ha superato i 2 miliardi di chili importati. Ma noi non produciamo abbastanza?
Sempre secondo Coldiretti, l’Italia potrebbe essere autosufficiente per la produzione di ortofrutta ma nell’arco di questi 15 anni, abbiamo perso un terzo della superficie coltivata, a causa del crollo dei prezzi pagati agli agricoltori.
Sembra impossibile considerando che i prezzi di frutta e verdura sono aumentati, eppure i produttori sono pagati sempre meno, perché molti rivenditori e\o trasformatori preferiscono acquistare prodotti a basso costo dall’estero.
Si trovano nella stessa situazione anche gli allevatori: sono appena stati tagliati i compensi per la produzione di latte, che così non coprono più neanche i costi di produzione! Nel 2015 hanno chiuso più di mille stalle. Così 3 cartoni di latte su 4 sono stranieri e almeno la metà delle mozzarelle sono prodotte con latte o cagliate estere senza che noi ce ne accorgiamo perché non è obbligatorio scrivere la provenienza della materia prima.…
Non c’è nemmeno nel caso della carne lavorata all’interno del supermercato! Stesso discorso per i prodotti trasformati, come il prosciutto: non è obbligatorio scrivere da dove proviene il maiale, ma solo che è stato lavorato in Italia; 2 prosciutti su 3 sono ottenuti con “carne straniera” e non abbiamo modo di saperlo.
La maggior parte della carne suina importata in Italia proviene (ufficialmente) da Francia e Spagna, ma le produzioni si stanno spostando sempre più verso Paesi come Polonia e Bulgaria: costi bassissimi, pochi controlli, blande norme in fatto di tutela di lavoratori, rispetto dell’ambiente e benessere animale. In compenso, sono abilitati all’export in tutta Europa, riuscendo a far arrivare fino a noi carne importata da Paesi extra-europei come Turchia, Cina e Sud America, con tutti i rischi che ciò comporta.
Insomma, il quadro che si sta delineando è quello di un’invasione di materie prime straniere e delocalizzazione delle imprese italiane verso i Paesi più poveri come già avviene per il settore dell’abbigliamento.
Una brutta crisi del Made in Italy che fa male alla nostra economia, salute e all’ambiente. Etichette più trasparenti, importazione di soli prodotti che rispettano i nostri standard aiuterebbero a fermare quest’emorragia che rischia di farci perdere il patrimonio agroalimentare che tutto il mondo ci invidia. In attesa della politica, cerchiamo di fare bene la spesa.
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