Punto di vista

Olio di palma in Italia: è davvero sparito dalle nostre tavole?


Fino a qualche anno fa si sentiva parlare frequentemente di olio di palma come sostanza dannosa per la salute e per l’ambiente, è partita una vera e propria campagna di boicottaggio e in molti abbiamo iniziato la ricerca di alimenti Palm Oil Free. A che punto siamo oggi?

Attualmente sugli scaffali dei supermercati italiani compaiono sempre più prodotti reclamizzati come “senza olio di palma” e potrebbe sembrare una vittoria di civiltà e di salute -per lo meno in Italia, all’estero non è così. Eppure, attualmente, il 60% dell’olio di palma importato in Europa non viene utilizzato per il cibo, maper produrre energia, sia sotto forma di agro-combustibile (45%), cioè combustibile ricavato da processi e da prodotti dell’agricoltura, che per produrre calore ed elettricità (il restante 15%). 

Quindi, anche se siamo riusciti ad eliminarlo da moltissimi cibi, la campagna di boicottaggio non ha risolto molto. E’ partita allora la campagna di Legambiente “Stop agli oli di palma e di soia per biocarburanti e elettricità”. 

Grazie ad un emendamento proposto dall’associazione e presentato agli organi istituzionali, l’olio di palma e di soia (responsabile della deforestazione d’Amazzonia) saranno per fortuna esclusi dalla produzione di biocarburanti e di elettricità a partire dal 1 gennaio 2023, grazie ad una norma approvata il 31 marzo in Parlamento, la quale verrà inclusa dall’esecutivo nella prossima legge sulle energie rinnovabili, in un contesto di transizione ecologica in pronta attuazione.

Olio di Palma

Ma perché fa così male l’olio di palma? 

Ve ne ho già parlato in occasione dell’indagine su alcuni contaminanti tossici che si formano nelle sostanze grasse e oleose sottoposte a trattamenti di raffinazione ad elevate temperature, svolta dall’EFSA, Autorità europea per la sicurezza alimentare, quando ci siamo chiesti se l’olio di palma fa male ?

Nella sua forma attuale, la produzione di olio di palma è responsabile di una deforestazione significativa,contribuisce alla scomparsa di molte specie come gli oranghi, utilizza prodotti altamente tossici e le condizioni di lavoro nelle piantagioni sono spesso deplorevoli, di questo vi ho già parlato precedentemente e il racconto lo trovate qui.

L’olio di palma e la scomparsa degli oranghi, qual è la connessione?

La palma da olio cresce solo nella zona equatoriale. Con l’85% della produzione mondiale, l’Indonesia e la Malesia dominano il mercato. Queste aree sono anche quelle dei grandi bacini di fitte foreste; attualmente la domanda sta esplodendo: negli ultimi dieci anni la produzione di olio di palma è aumentata di quasi l’83%. Ogni giorno, quindi, migliaia di ettari vengono bruciati per far crescere queste famose palme, rendendo questa coltura una delle principali cause di disboscamento nel sud-est asiatico, ma anche, più recentemente, in Africa. 

L’Indonesia è diventata così il terzo più grande emettitore di CO2 al mondo a causa di questi incendi boschivi. Dopo aver bruciato le foreste, i produttori industriali creano la monocoltura, superfici gigantesche sono così ricoperte dalle sole palme. Le piante e gli animali che vivevano lì stanno perdendo il loro habitat e stanno scomparendo ad alta velocità.

Emblema del disastro, l’estinzione degli oranghi: la loro popolazione è diminuita di oltre il 90% in un secolo sull’isola di Sumatra dove si è diffusa la piantagione dell’olio di palma. Con l’associazione For Planet abbiamo lanciato, qualche anno fa, il progetto “all’orango io ci tengo!”  per reintrodurre in natura nuovi esemplari di orango, riqualificare le aree devastate dai palmeti e aiutare le conservazione delle foreste pluviali primarie a Sumatra.

Prodotti tossici e lavoro forzato: non è bene vivere in un palmeto “industriale”

Queste colture industriali sono anche forti consumatori di pesticidi e fertilizzanti chimici. Ad esempio, il paraquat è comunemente usato in queste piantagioni. Tale prodotto altamente tossico, vietato dal 2007 nell’Unione Europea, è chiaramente identificato come cancerogeno e danneggia i sistemi riproduttivi degli animali, compreso l’uomo. L’uso intensivo e su larga scala di prodotti tossici ha conseguenze disastrose per l’ambiente. Influenzano anche la salute dei residenti contaminando il suolo, l’acqua e l’aria.

Oltre a questi prodotti pericolosi, ci sono condizioni di lavoro disastrose nei palmeti. Un rapporto di Amnesty International sottolinea il lavoro forzato, il lavoro minorile e pratiche abusive e pericolose che mettono a rischio la salute dei lavoratori. Inoltre, l’agricoltura di sussistenza in questi paesi sta gradualmente scomparendo a favore dell’agricoltura di esportazione, a vantaggio di una minoranza.

Nessuna etichetta garantisce un olio di palma “sostenibile”

Potreste aver già sentito parlare dell’etichetta con la dicitura “olio di palma sostenibile”, un sistema istituito dall’industria alimentare, produttori di olio di palma e alcune ONG nel 2004 per promuovere questa alternativa etica del condimento alimentare.

Tuttavia il sistema è nebuloso e non sufficientemente controllato per questo, molte dalle maggiori industrie italiane che prima lo promuovevano, lo hanno velocemente abbandonato a suon di scandali poichè la garanzia di un olio di palma “sostenibile” è lontana dall’essere assicurata.

Un’altra leva non sufficientemente utilizzata per ridurre i disastri ambientali delle piantagioni di palma è la mancanza di una politica fiscale di tassazione per limitarne l’uso. Infatti, la maggior parte delle aziende lo usa perché costa poco, con l’aggiunta di un regime di imposta maggiorato si ridimensionerebbero però i benefit economici, facendo virare gli acquirenti verso scelte diverse: più etiche e salutari. Quindi, perché non aumentarne la tassazione? Magari riducendola per alternative più green?

Olio di Palma

Ci sono rischi per la salute?

Abbiamo parlato di ambiente e danni all’ecosistema, ma l’olio di palma rappresenta un rischio anche al benessere e alla salute complessiva di tutti noi. 

“Per la tua salute, evita di mangiare troppo grasso, troppo dolce, troppo salato”. Questo piccolo slogan molto in voga nelle campagne palm oil free, riassume il problema principale dei prodotti contenenti olio di palma: l’olio è grasso. Secondo le stime e leggendo l’etichetta della Nutella, quasi il 70% del barattolo è solo zucchero e olio di palma. Una miscela che favorisce l’obesità, il diabete ma anche le malattie cardiovascolari, più nello specifico l’acido palmitico, presente per circa il 40% nell’olio di palma, favorisce i depositi di grasso sulle pareti dei vasi sanguigni.

Insomma, le battaglie ambientali e governative per il ridimensionamento dei danni ambientali causati dall’eccessivo ricorso ed utilizzo dell’olio di palma sono in atto, ma ad oggi la sfida è ancora lontana dall’essere vinta. 

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