Non lasciatevi ammaliare dai trend di stagione oppure da bassi prezzi del fast fashion: la moda più sostenibile che ci sia è quella vintage. Proprio così: recuperare vecchi abiti, donando loro una seconda vita grazie a originalissimi abbinamenti, è il modo più efficace per abbattere l’impatto dell’abbigliamento sul Pianeta. Spesso non ce ne rendiamo conto, ma ogni volta che acquistiamo un nuovo capo – soprattutto se in materiali sintetici, di bassa qualità e prodotto in Paesi in via di sviluppo – non facciamo altro che contribuire a un meccanismo davvero dannoso. Sia dal punto di vista sociale, con lo sfruttamento di manodopera a basso costo in nazioni lontane, che da quello ambientale: produzione, trasporto e distribuzione di nuovi capi sono infatti responsabili dell’emissione di grandi quantità di gas climalteranti. Per non parlare dei rifiuti tessili che, quando l’abito non è più di moda, si vengono ad accumulare.
Eppure tutti conserviamo nell’armadio dei capi davvero intramontabili, capaci di superare la prova del tempo e sempre attuali, grazie a sapienti abbinamenti. Ma quali sono i pregi della moda vintage, dove recuperare vecchi abiti e quali caratteristiche devono avere? Ho quindi pensato di raccogliere per voi qualche utile consiglio.
Il peso della moda sul Pianeta
I dati sono certamente allarmanti: secono un rapporto della Commissione Economica per l’Europa (UNECE) del 2018, l’industria della moda è responsabile di oltre il 10% di tutte le emissioni di gas climalteranti mondiali. E, come se non bastasse, la produzione di nuovi vestiti è una delle principali cause d’inquinamento di fiumi e altri corsi d’acqua a livello globale, soprattutto in quei Paesi in via di sviluppo che ancora non dispongono di normative ambientali sufficienti. Coloranti, ammorbidenti e detergenti, colle, fibre sintetiche, sostanze chimiche tossiche: nelle nazioni povere – dove i grandi gruppi della fast fashion hanno aperto i loro impianti produttivi – tutto finisce in acqua senza nessun tipo di raccolta o depurazione preventiva.
Eppure, per quanto le grandi aziende della moda a buon mercato abbiano le loro colpe, nemmeno i consumatori si comportano diversamente: lo stesso rapporto, ad esempio, spiega come ogni anno si producano enormi quantità di rifiuti tessili, l’85% dei quali non viene riciclato correttamente e viene così accumulato in discariche a cielo aperto. Ancora, gli indumenti di bassa qualità e in fibra sintetica rappresentano oggi la principale fonte di rilascio di microplastiche nell’ambiente.
Di fronte a una fotografia ben poco edificante, dobbiamo cambiare le nostre abitudini e dimostrare che una moda più sostenibile è davvero possibile. L’imperativo è quello di recuperare e riciclare quanti più abiti possibile e la passione per il vintage, su questo fronte, ci può essere di grande aiuto.
Vintage, upcycling, second-hand: cosa significano questi termini?
Chi si avvicina per la prima volta all’universo della moda vintage e di recupero, si sarà di certo imbattuto in termini non sempre di immediata comprensione. Basta visitare uno negozio online, oppure frequentare un mercatino, per leggere descrizioni come “vintage”, “second-hand”, “upcycling” e molti altri. Cosa significano e come si differenziano?
- Vintage: con questo termine si indicano i capi d’ammigliamento d’annata, appartenenti a decenni passati – per gli appassionati di vintage, un indumento è tale quando ha almeno 20 anni sulle spalle – e in qualche modo divenuti intramontabili. Sul mercato si trovano per la gran parte indumenti usati e, in misura minore, indumenti mai indossati recuperati da vecchi stock e magazzini;
- Second-hand: indica i vestiti di seconda mano, così come facile intuire. Non sempre questi indumenti sono vintage: possono appartenere anche a collezioni molto recenti;
- Recycling: si tratta di vestiti riciclati, e spesso rilavorati, per garantire loro una seconda vita. È il caso di top ricavati da più scampoli di stoffa o, ancora, del recupero di fibre o materie prime – si pensi ai filati nella maglieria – per creare nuovi capi;
- Upcycling: indica vecchi indumenti, vintage o meno, che sono stati riconvertiti in nuovi capi dal valore maggiore rispetto a quello originario. Ad esempio, un vecchio paio di jeans, dal valore di mercato ridotto, che viene trasformato in una borsa alla moda, magari arricchito da ricami o gioielli.
Sul fronte di una maggiore sostenibilità, tutte queste categorie di vestiti sono utili per ridurre l’impatto della moda sull’ambiente. Ma che fare con i materiali? Ad esempio, come comportarsi in caso si trovi in qualche mercatino un abito in fibra sintetica o, ancora, realizzato con derivati animali?
La regola principale è solo una: tutto ciò che si può recuperare è amico dell’ambiente. Sul fronte delle fibre sintetiche, bisognerebbe sempre evitarle per i nuovi acquisti: la loro produzione è infatti altamente inquinante. Tuttavia, quando ci si trova a comprare l’usato, è sempre meglio recuperare un indumento sintetico che condannarlo alla discarica: l’unica accortezza è sul lavaggio, ricorrendo agli appositi sacchettini per la cattura in lavatrice delle microplastiche. Lo stesso discorso vale sui derivati animali: scegliere una vecchia e duratura borsa in pelliccia, ad esempio, è ben più sostenibile che acquistarne una nuova in finta pelle, ovvero in plastica.
Moda vintage: quali sono i capi chiave
Ma quali sono i capi vintage che non dovrebbero mai mancare nel proprio armadio, quelli che si prestano ai più facili abbinamenti e che sembrano non morire mai?
- Giacca maschile: può sembrare strano, eppure le giacche maschili rappresentano uno dei capi indispensabili per le donne. Le si possono indossare in modo sbarazzino sopra una t-shirt bianca e un paio di jeans o, ancora, possono completare un look da ufficio. Si pensi a un classico gessato abbinato a una camicia bianca, nonché a pantaloni a vita alta con taglio a sigaretta;
- Camicia: le camicie rappresentano il passepartout per ogni outfit che si rispetti. Chiuse fino al colletto per un look elegante, raffinato e castigato, aperte per valorizzare il décolléte per una serata con gli amici oppure annodate in vita per un pomeriggio estivo. Si abbinano perfettamente sia con le gonne che con i pantaloni, in particolare se bianche oppure in colori pastello;
- Abiti a mezza lunghezza: simbolo degli anni ‘60 e di gran parte dei ‘70, gli abiti a media lunghezza – quindi con gonne all’incirca al ginocchio – ritornano ciclicamente nelle collezioni dei grandi stilisti. Leggeri e perfetti per le giornate primaverili ed estive, si caratterizzano spesso per stampe a pois oppure optical. Una delle ultime tendenze è indossarli sopra a leggings tono su tono;
- Pantaloni a zampa: l’icona degli anni ‘70, tornano in voga ciclicamente. Sono stati ad esempio uno dei capi più rappresentativi della fine degli anni ‘90, insieme ai pantaloni larghi, e oggi sono ritornati di gran moda grazie anche ai ragazzi della Generazione Z. Nell’armadio non deve mai mancare almeno un esemplare in jeans, perfetto in ogni occasione;
- Maglieria: cappotti, maglioni, pullover, lupetti e cardigan non tramontano mai, tornano ciclicamente nelle sfilate. E, se realizzati con materiali di qualità – in particolare lana e cotone – durano per decenni senza mai perdere il loro fascino e la loro morbidezza;
- Cappelli: berrettini, baschi, coppole, borsalini e colbacchi sono accessori indispensabili per completare il proprio look. E più sono vissuti, più aggiungono carattere e originalità al proprio outfit;
- Scarpe e borse: su questo fronte, c’è davvero da sbizzarrirsi. Le scarpe e le borse vintage diventano delle vere e proprie opere d’arte, testimoni e icone di epoche passate, da rivivere in modo creativo e sbarazzini. Dalla sempreverde scarpa a punta con tacco passando per gli stivali, dalle pochette impreziosite di pailettes fino alle grandi borse per la vita di tutti i giorni: c’è davvero l’imbarazzo della scelta.
Dove trovare capi vintage
Trovare vestiti vintage è tanto facile quanto visitare i mercatini rionali della propria città: vi sono sempre spazi dedicati ai capi che hanno fatto la storia della moda, offerti anche a prezzi vantaggiosi. Ancora, ormai ovunque esistono negozi specializzati o, se si ha particolare pazienza e fiuto per gli affari, si può provare con il mercato delle pulci.
La modalità che negli ultimi anni sta prendendo più piede è però quella dell’online, sia con siti che applicazioni per smartphone davvero utili. Fra i più famosi, vi sento di consigliarvi:
- Vinted: è una delle piattaforme più popolari per vendere e acquistare abiti vintage oppure second-hand. Presenta anche un’applicazione per smartphone ed è molto semplice da usare: venditore e compratore entrano direttamente in contatto e si accordano su prezzo e spedizione;
- Depop: simile di concetto a Vinted, la piattaforma si propone di dare nuova vita a capi e outfit che altrimenti sarebbero destinati al dimenticatoio di un armadio o, peggio, a essere gettati. Anche in questo caso, è possibile sia vendere che acquistare;
- Humana Vintage: un progetto particolarmente interessante, poiché non solo esplicitamente orientato a una maggiore sostenibilità, ma anche perché i proventi raccolti da Humana vengono investiti in progetti umanitari in tutto il mondo;
- Svuotaly: piattaforma al 100% italiana, si occupa di recuperare quei capi che rimangono a lungo nell’armadio, senza mai essere indossati dai loro possessori. Vi è ovviamente la possibilità sia di acquistare che di vendere;
- MyCloset: per chi fosse alla ricerca di capi d’alta moda, controllati e certificati, questa realtà milanese permette di trovare vere chicche di altri tempi, con tutta la sicurezza di un acquisto verificato.
In definitiva, non c’è niente di meglio per il Pianeta che una moda capace di cavalcare il tempo che passa. Per questo, diciamo addio ai trend “mordi e fuggi” di stagione e sposiamo senza riserve il vintage e gli abiti di seconda mano!
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