Green Fashion

Riciclo dei vestiti: quali sono le regole della raccolta e che fine fanno


Tessa Gelisio, riciclo abiti usati

Il riciclo dei vestiti è di fondamentale importanza per ridurre il nostro impatto ambientale, tanto che dal 2022 in Italia è obbligatoria la raccolta differenziata dei rifiuti tessili. E nel 2025 lo sarà in tutta Europa, con l’introduzione del principio di responsabilità da parte dei produttori, così come già avviene per i rifiuti RAEE.

Eppure, quando si parla di riciclo dei vestiti – e, più in generale, dei tessuti – la confusione è ancora molta. Sì, perché a livello pratico non è facile capire dove conferire gli indumenti destinati alla raccolta di solidarietà, quale cassonetto scegliere per i rifiuti tessili e quali fibre effettivamente siano riciclabili. Per questo, ho deciso di proporre una piccola guida, affinché tutti possano riciclare correttamente i loro indumenti, con grandi vantaggi sia economici che ambientali.

L’impatto ambientale dei rifiuti tessili e il quadro normativo

Riciclo dei vestiti

Il dato arriva direttamente da Bruxelles: ogni anno in Europa si gettano 5.8 milioni di tonnellate di rifiuti tessili, pari a 11 chili a persona. E, purtroppo, la maggior parte di questi rifiuti – ben l’87% in tutto il Continente – finisce in discarica, viene incenerita o addirittura esporta all’estero, in Paesi dalle normative lasche in materia di riciclo e recupero delle materie prime.

Questo avviene perché nella maggior parte dei Paesi europei – e, per una volta, è l’Italia a dare il buon esempio, con politiche di riciclo già attive da anni – i rifiuti tessili vengono gettati nell’indifferenziato. Per questa ragione, la Commissione Europea e il Parlamento Europeo hanno deciso di passare all’azione.

Il quadro normativo italiano ed europeo

Riciclo dei filati

In Italia esiste da decenni un rodato sistema di recupero di abiti usati da donare ai bisognosi, di cui vi ho già parlato qui su Ecocentrica. Tuttavia, mancava una disciplina unica per la raccolta dei rifiuti tessili. Fortunatamente, dal 1 gennaio 2022, come previsto dal Decreto Legislativo 116/2020, è stato introdotto l’obbligo ai comuni di raccogliere tutte le tipologie di rifiuti tessili, anche quelli che possono essere trattati e riciclati per produrre nuovi filati. 

Quest’obbligo coinvolgerà tutti i paesi europei dal 2025, con l’obiettivo di arrivare a fine anno con almeno il 50% dei prodotti tessili riciclati o “preparati per il riuso”, percentuale che deve arrivare al 75% entro il 2030. Vi è però un’importante novità: l’introduzione della Responsabilità Estesa dei Produttori (EPR), come già avviene per i RAEE. In parole semplici, i produttori dovranno partecipare – anche finanziariamente – alla fase di trattamento di questi rifiuti.

Le regole per il riciclo dei vestiti

Ma come funziona il riciclo dei vestiti e, soprattutto, quali regole è necessario seguire? In attesa del 2025, la questione è delegata ora ai comuni, i quali di fatto hanno implementato sistemi di raccolta assai differenti. Per questa ragione, ecco i dubbi più frequenti

Come avviene la raccolta dei vestiti usati?

Vestiti usati

La raccolta dei vestiti e dei tessuti usati è, come ho già spiegato, attualmente delegata ai comuni, in attesa della normativa europea del 2025. Per tentare di unificare le modalità di raccolta, è stato stretto un accordo tra ANCI e CONAU, per definire alcune regole di base:

  • la raccolta avviene tramite appositi cassonetti, sia in strada che nelle piazzole ecologiche;
  • il trattamento post-raccolta viene gestito da operatori specializzati nel settore dello smistamento e del riciclo, che possono essere aziende convenzionate con i comuni o cooperative.

Va però detto che, proprio in vista del 2025, l’esperienza di raccolta può differire anche enormemente da un comune all’altro:

  • alcuni comuni hanno accorpato la raccolta solidale con quella dei tessili non immediatamente riutilizzabili, provvedendo a uno smistamento post-raccolta;
  • altri hanno invece separato le due raccolte, ad esempio predisponendo cassonetti aggiuntivi per i rifiuti tessili o, ancora, chiedendo ai cittadini di rivolgersi alle piazzole ecologiche.

Ancora, è utile sapere che esiste anche una raccolta privata, organizzata da gruppi industriali impegnati nella produzione di indumenti da filati di recupero, secondo modalità da concordare con le singole aziende.

Raccolta di solidarietà e di riciclo: quali sono le differenze?

Nell’immaginario comune, la raccolta di indumenti in strada o presso le piazzole ecologiche corrisponde alla donazione per beneficenza. In realtà, la materia è più complessa:

  • la raccolta di beneficenza non avviene solitamente tramite la raccolta di strada, bensì grazie ad associazioni, cooperative, parrocchie e via dicendo;
  • la raccolta di strada è destinata al conferimento sia degli abiti usati integri che, quando ammesso dai singoli comuni, anche per altri tipo di rifiuti tessili. Anche in questo caso, una porzione degli indumenti viene destinata alla beneficenza, dopo le operazioni di smistamento post-raccolta.

Cosa si può gettare nei cassonetti gialli?

Cassonetto per il riciclo dei vestiti

Ma cosa si può inserire nei cassonetti gialli? In linea generale, i cassonetti gialli predisposti dal comune sono destinati alla raccolta sia di indumenti integri che di altri rifiuti tessili, che verranno poi smistati successivamente. Nella pratica, la situazione potrebbe essere più complicata. È infatti necessario:

  • distinguere i cassonetti preposti dalle associazioni di beneficenza, che raccolgono solo indumenti integri e destinati a terzi, da quelli del comune dove invece questo tipo di raccolta è unificata;
  • informarsi presso il proprio comune se la raccolta di solidarietà e di riciclo sono unificate, o separate, nei cassonetti gialli.

Per rendere tutto più semplice, è utile orientarsi con qualche regola di buon senso. Se si desidera usufruire della raccolta di solidarietà:

  • si possono donare vestiti, scarpe, biancheria intima e tessili della casa – in particolare coperte e biancheria da letto – realizzati in qualsiasi tipo di fibra, anche sintetica:
  • tutti gli indumenti devono essere integri;
  • le scarpe – e altri indumenti a coppie, come i calzini – dovranno essere consegnate appaiate e legate fra di loro dalle stringhe.

Se invece si vogliono gettare rifiuti tessili:

  • non tutte le tipologie di tessuto possono essere raccolte per il riciclo. In linea generale, è possibile con la gran parte dei filati naturali – cotone, lino, lana e via dicendo – mentre per i sintetici è necessario attenersi alle prescrizioni del proprio comune:
  • è possibile raccogliere indumenti sia integri che danneggiati, scampoli di stoffa, tessili della casa di qualunque tipo;
  • se il comune non dispone di una raccolta di strada di questi rifiuti, i tessili andranno portati presso le piazzole ecologiche.

Come devono essere preparati gli indumenti?

Sempre attenendosi alle regole del proprio comune, di norma gli indumenti e gli altri rifiuti tessili dovranno essere appositamente preparati per la consegna:

  • per la raccolta di solidarietà, gli indumenti devono essere integri e inseriti in buste prima di gettarli nel cassonetto;
  • i rifiuti tessili dovranno essere separati da indumenti integri destinati al riutilizzo, sempre con buste. In questo caso, è però possibile anche conferire tessuti che non è possibile lavare a livello domestico, ad esempio poiché macchiati da vernici o da oli.

Come avviene il riciclo del vestiti

Riciclo e tessitura dei vestiti

Una volta conferiti gli indumenti, come avviene il riciclo? Dopo la separazione degli indumenti, e la consegna di quelli idonei alle associazioni per i bisognosi, i tessuti vengono riutilizzati per ottenere:

  • filati rigenerati, che potranno essere utilizzati per la creazione di nuovi vestiti;
  • materiali per imbottiture, ad esempio per l’industria automobilistica o dell’arredamento;
  • altri materiali non destinati all’industria tessile, come il recupero di gomme e plastiche per la produzione di oggetti in plastica riciclata o, ancora, fibre isolanti per l’edilizia.

Le fasi del riciclo sono diverse e, dopo la fase di raccolta, comprendono:

  • Smistamento e pulitura: i tessuti vengono divisi per tipologia di filato – lana, lino, cotone e via dicendo – e spesso anche per colore, per poi essere lavati;
  • Stracciatura: i tessuti vengono sminuzzati, grazie al ricorso di speciali macchinari, per ottenere delle fibre di piccole dimensioni;
  • Rigenerazione: le fibre ottenute vengono trattate per ottenere nuovi filati. Ad esempio, la lana viene nuovamente cardata, le altre tipologie vengono invece trasformate in filato;
  • Smaltimento di altri materiali: i materiali che invece non possono essere recuperati a livello tessile, come alcune plastiche, vengono raccolti e inoltrati alle aziende specializzate nel loro smaltimento, in un sistema di economia circolare.

Perché il riciclo combatte la fast fashion

Non è di certo un segreto: la tendenza della fast fashion – gli indumenti a buon mercato praticamente usa e getta, che spesso durano meno di una stagione – sta avendo un enorme impatto ambientale. Se si pensa che il 5.7% di tutti i rifiuti indifferenziati raccolti in Italia sia composto proprio da vestiti, che finiranno pertanto in discarica, la situazione è allarmante. E oltre alla questione etica – la fast fashion spesso comporta lo sfruttamento di manodopera in Paesi in via di sviluppo e l’impiego di pratiche produttive inquinanti e non regolamentate – molti tessuti, come i sintetici, non si degradano facilmente e sono i primi responsabili della produzione di microplastiche.

Secondo le stime dell’Unione Europea, con un efficiente sistema di raccolta e riciclo, solo una porzione compresa tra l’1 e il 3% di tutti gli indumenti raccolti tramite differenziata finiranno effettivamente in discarica, con vantaggi enormi dal punto di vista ambientale. E se si considera che il recupero dei filati permette di risparmiare tra il 20 e il 40% sia di energia che di acqua rispetto alla produzione ex-novo, i benefici sono anche in termini di consumi ed emissioni.

È però necessario contribuire anche a monte, adottando dei comportamenti che portino alla riduzione della quota di rifiuti da conferire. Ad esempio:

  • prediligere le fibre naturali, meglio se biologiche e certificate, poiché più facili sia da recuperare che da smaltire;
  • evitare i tessuti sintetici, poiché non solo poco benefici essendo poco traspiranti, ma anche perché altamente inquinanti e fra i primi responsabili di microplastiche;
  • acquistare indumenti di qualità, che durano nel tempo, evitando di cavalcare i trend stagionali. La moda più sostenibile è quella che dura per anni.

In definitiva, con scelte di consumo migliori e attenzione nella raccolta dei rifiuti, si può ridurre in modo sensibile l’impatto dei nostri vestiti sull’ambiente!

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